La tavola rotonda “Giovani e valori“ tenutasi lo scorso 19 febbraio nell’Aula Magna della Scuola di Formazione Teologica diocesana, seguiva all’incontro svolto al teatro Pacini di Pescia il precedente lunedì 17, che ha visto la partecipazione di circa 200 giovani provenienti da tutte le scuole superiori della Valdinievole. La mattinata pesciatina è stata la conclusione di un percorso didattico durante il quale i ragazzi hanno avuto la possibilità di confrontarsi tra di loro in classe per poi di esprimere apertamente al mondo degli adulti le loro idee e aspirazioni. Ho potuto partecipare ad entrambi gli appuntamenti e, come prima impressione, mi ha colpito il fatto che i ragazzi contestino la visione degli adulti che li vorrebbero senza valori autentici. Loro – dicono – hanno solo valori diversi, che sono cambiati rispetto a quelli dei loro genitori e, probabilmente, anche rispetto a quelli dei loro fratelli maggiori di 22-25 anni. Una prima riflessione mi viene da farla sull’uso della stessa parola “valori”, che mi rimanda a un qualcosa di “monetizzabile” e di ordinabile in una scala -appunto – di valore: a me piace più la parola “beni” perché rimanda a ciò che è di più prezioso e anche contiene una dimensione affettiva assente nell’altro termine. Confrontandomi con alcuni insegnanti presenti ho avuto anche da loro un feed-back in questo senso: alcune classi hanno discusso molto per capire cosa si dovesse intendere per “valori” e hanno tradotto questo termine con “ideali”, che rimanda a un fine, ad una aspirazione che ci sta davanti e che ci attrae. In ogni caso, al di là della questione terminologica, ciò di cui i ragazzi hanno parlato parecchio, durante l’incontro a teatro, è stato del mondo social, che non è solo il “loro” mondo, come una certa vulgata vorrebbe, ma che oggi è anche pesantemente occupato dalle persone adulte. Per i giovani il mondo tecnologico e virtuale nel quale sono immersi ha un valore imprescindibile anche se, devo dire, ho come avuto l’impressione che non ne siano totalmente assorbiti ma che, a differenza di tanti adulti (che ne sono talora prigionieri), abbiamo maggior capacità di prenderne le distanze e di comprenderne il valore strumentale. Certo è che la dimensione comunicativa è per loro fondamentale ed imprescindibile, come emerge anche parlando del loro rapporto con la chiesa: i giovani (stranamente dico io), la vedono in modo complessivamente positivo, in quanto trasmette “valori” importanti quali la famiglia e anche la fede: tuttavia una critica che rivolgono alla chiesa e noi preti è di non saper comunicare bene, in modo adeguato ed aggiornato. Certo è che questa iniziativa che ha dato loro la parola è stata parecchio apprezzata, magari anche da quelli che tra loro non credono o non sono praticanti: infatti hanno riconosciuto che la chiesa è l’unica realtà che abbia manifestato interesse a conoscere il loro pensiero, e questo aspetto dovrebbe far riflettere molte altre “agenzie educative” sull’importanza di dare spazio all’ascolto dei giovani. La serata della tavola rotonda degli adulti, di contro, è stata, a mio avviso, assai meno capace di fare emergere i gangli della questione. Non c’è dubbio: noi adulti abbiamo delle modalità comunicative troppo paludate, incapaci di tenere il passo con le giovani generazioni. Così, sebbene gli intervenuti abbiano offerto prospettive interessanti e personali, tuttavia credo che non abbiano del tutto centrato il focus della questione, parlando più di come loro affrontano i giovani che di cosa i giovani pensino ed agiscano. Cioè, in sostanza, mi pare che abbiamo finito per parlare, tendenzialmente, dei nostri valori di adulti e di come tentare di farli arrivare ai giovani, piuttosto che chiedersi cosa per i giovani sia prioritario e perché non lo sono alcune realtà che per noi “vecchietti” hanno un’importanza fondamentale. Indubbiamente il punto interrogativo rimane: non c’è che attendere una ulteriore occasione di confronto.