C’è aria nuova, in giro; o, forse, è la solita impressione che si ha quando cambiano le stagioni, o certe situazioni. E quelle cambiano, eh, sì; cambiano, come cambiamo noi che, ad un certo punto del viaggio, spinge forte la tentazione di scendere dal treno, e – pur correndo – prendere e salire su quello che ci riporta indietro a casa. Ci sono stati, fino ad ieri, momenti un po’ burrascosi: le solite scosse di assestamento che si ripetono da sempre, ed alle quali non ci si abitua mai, anche se fossero eventi eccezionali.

Ricordiamocelo: ogni generazione ha subìto vari cataclismi. Però, si tira avanti, usando un verbo che non ci appartiene più. Altri linguaggi, altri modi di pensare, di lavorare, di studiare. Si vive un’altra epoca, lontanissima ormai da quella mia e dei miei coetanei che, se alcuni provano a rimanere al passo, tanti – come me – il passo se lo impongono e non lo subiscono.

Non è una vittoria, ci mancherebbe; forse, una sconfitta. In verità, io credo sia una logica conseguenza che hanno sviluppato tutti coloro che ci hanno preceduto senza andare a cercare risposte filosofiche.

E’ proprio il momento in cui si rammentano i nonni, che dimostravano, senza affannarsi troppo, tutti gli anni che portavano. Eppure, se ne andavano assai presto rispetto ad oggi, ma a noi sembravano vecchissimi, ma tanto ricchi di saggezza. Oggi, non è più così!; invecchiare non è più morire poco a poco, ma non poter apparire energici, brillanti, giovanili come pubblicità impone. Anche ai nostri tempi ci dicevano che la pubblicità era l’anima del commercio, ma la terza età non faceva parte di quel mondo. ora, siamo arrivati alla quarta, e guai a dire “vecchio” perché qualcuno potrebbe offendersi e sentirsi ribattere a muso duro che “vecchio, e bacucco, sarai te!”.

Mamma mia, che suscettibilità! E la pubblicità, furbescamente, ha ampliato i suoi orizzonti: largo alla quarta età, alla quale vengono offerti tutti i prodotti “necessari” per mantenersi in gamba, o credere di farlo. Stamani è una mattina particolare; alle spalle il brutto tempo, e i “brutti” tempi, con il sole già sfavillante all’alba. Le giornate si allungano, l’aria sembra più leggera, i concerti degli uccellini rompono, finalmente, i grigi silenzi di poco tempo fa.

Se la speranza è di colore rosa, ecco i fiorellini del pesco e del melo che riaccendono una fiammella in un cuore un po’ stanco ed a corto di ambizioni e desideri. Mentre cammino, sono questi i momenti che mi danno una spintina per mettermi a sognare qualcosa che mi faccia evadere da questa nera prigionia, che si è incagliata non solo nelle gambe, ma anche nel morale; e se quello va giù, sono dolori di spirito che faccio fatica ad arginare.

Il fischio del treno: sono le sette, credo, e quello va verso Firenze, ora carico di pendolari e studenti. Gente che scende, gente che monta, ed io – perplesso – dove vorrei andare? A nord? A sud? E’ da tanto tempo che vorrei impormi di tracciare una mappa che tocchi tutte le località che ho conosciuto, nelle quali sono stato, per poco o tanto tempo, per poter rivivere, con la mente, quelle esperienze che ormai riaffiorano, e sgomitano, ogni giorno. Questa sarebbe una soluzione al problema di tornare indietro, e dove. Una carta geografica; un foglio protocollo a quadretti; lapis e gomma. Ecco: questo basterebbe a cercare di ripercorrere i bei tempi andati, che oggi mi sembrano memorabili e gonfi di memorie indimenticabili.

Non grandissime reminescenze. La mia, una vita come mille altre; eppure, certe fotografie mi riportano ad anni che considero sempre, con tanto affetto, un tesoro che niente e nessuno mi potrà mai rubare. E’ quest’aria, frizzante con spunti e sbuffi di caldo, che mi stimola a cercare di volare (ma anche il treno va bene), dove ho impresso la mia impronta. Piuttosto lieve, se il soggiorno è stato breve e mi ha lasciato cartoline in bianco e nero. Poi, sempre più coinvolgente a secondo della durata del soggiorno, tanto da passare da cartoline colorate a brevi brani di cinepresa, addirittura! Ecco che sto raccogliendo tutti gli spunti di ieri, quelli simpatici, un po’ affascinanti, indimenticabili. E quelli negativi? Le brutte figure, le topiche, quei fatti che hanno lasciato dolore e un certo sgomento? Alt, fermi tutti! Queste sono le mie memorie, quelle belle, e non permetto intrusioni. Allora, il lato oscuro rimanga al buio, e nessuno si azzardi ad accendere la luce!!

Risolto questo problema in modo corretto e democratico, si apre l’orizzonte del mio passato, quello bello, quello che vorrei rivivere nonostante una vocina (ci avete fatto caso: ogni volta che si vuol prendere una decisione travagliata, che coinvolge un po’ la coscienza, spunta sempre quella “vocina”, il bastian contrario della felicità a basso costo) intervenga per mettere ordine. Cioè: ritorni indietro? Come? E il tempo, come sarà? Vai solo o in compagnia? Ma ti rendi conto della tua età? Insomma, stavo bene, fino a pochi momenti fa; ora, ci si mette anche vocina che, lo dico pianino, non capisce propri nulla! E’ così pessimistica che non riesce a vedere la bellezza della natura che mi circonda, che ci circonda.

Ma vado avanti, coraggiosamente. Sale il sole, così come la temperatura. Ecco macchie di bianco sui poggi, che rivelano il biancospino; e fiorellini compatti, che ondeggiano lentamente. Fiori gialli, di un colore pulito, sincero; e i papaveri, finalmente, che mi trasmettono una forte emozione, e commozione, perché so che dureranno meno degli altri: la loro tinta e la loro fragilità sono uniche. Allora, riprendendo il filo del discorso. Scrivere un percorso, un pellegrinaggio che sia in grado di farmi ripassare, con un po’ d’affetto, dove sono stato e dove ho lasciato frammenti di me stesso che, proprio in giorni come questo, emergono senza chiasso né fatica, e con profonda passione.

D’altronde, con la cattiva stagione, come possono sbocciare ricordanze che fremono dentro di me, ma che fuori fa freddo, tira vento e la pioggia ostacola tutto, anche i pensieri. E col gran caldo, pur se io mi concedo il piacere di apprezzarlo molto, sono troppo impegnato ad assorbirlo fino in fondo perché so che, tra poco, quello passerà, anche a causa di tutte le invettive che gli vengono inviate dagli uomini, quelli che non sono mai contenti di nulla. Troppo caldo, e troppo freddo. Sembra quasi, da quel che provo e da quel che dicono, queste saranno le sole stagioni che si presenteranno nel futuro. Mah, se ne dicono tante di stupidaggini, e aveva perfettamente ragione Umberto Eco quando citava l’episodio dell’imbecille in un bar: pochi anni fa, gli altri avventori lo avrebbero taciuto; oggi

Comincio? Pronti: via! Provo, per l’ennesima volta a tracciare questo mio itinerario. Allora, si parte dall’infanzia, ovviamente, ma quale? Quella del paese? O quella dei nonni paterni o dei nonni materni? Non ho ancora cominciato, e già sono in difficoltà perché si presentano delle scelte che non vorrei fare. Eppure, sono stato bene sia in paese che coi nonni. E come lo risolvo il dilemma? Intanto, sono già sulla strada del ritorno. Potrei spezzare in periodi quei tempi: infanzia, fanciullezza, gioventù ecc. E’ un’idea ma la scarto perché per ricordare tutto mentre sto camminando, dovrei munirmi di zainetto, scarponcelli, bastone e tanta resistenza. Dovrei ripassare quasi mese dopo mese, anche se tanto non riesco più a ricordarlo, e ho una libera uscita piuttosto limitata.

Già, e il Servizio Militare? Ci va anche quello perché più passa il tempo e più le asprezze si levigano, si sciolgono, e rimane un retrogusto piuttosto dolce. Cerco di riordinare un po’ il tutto, ma sento che l’impalcatura scricchiola, vacilla; ci vorrebbe … Toh, un rumore più forte, giù in basso; stridulo, sembra di capriolo. Addio concentrazione. Scuoto la testa e – più forte che mai – salta fuori la lunga estate di tanti anni fa, con la scuola, il tirocinio, il mondo nuovo, gente diversa; sapori e profumi sconosciuti; scorci di panorami che mi stupivano; giornate che non finivano mai di stupirmi, mai. Così non va, lo sento. Anche stamani non ce la farò.

Ancora un fischio di treno: forse questo va verso Lucca e Pisa. Già, e Pisa non la vuoi ricordare? Come no! Tre anni mica male; anzi, direi bene, benissimo, di una spensieratezza che subito affiora appena la penso. Ah, che giorni, che mesi … E questa dove la metto? Ma non volevo fare delle sezioni, dei gruppi, e svolgerli anno per anno? Non ce la faccio nemmeno stamani. Non so, forse mi sono un pochino impigrito; forse, la prima bella giornata mi ha distratto; forse, è tutto inutile quello che ho combinato in un’ora e mezzo. Si viene fuori da un periodo nero, confuso e pesantissimo. Tutto, o quasi, è cambiato ultimamente. Si sta lottando per dare un senso alla vita, ad una normalità che ci è sfuggita di mano, e che, mi par di capire, sarà difficile e ci vorrà tempo, per ritrovarla.

Ecco così sciupata una bella giornata. Tanti bei propositi, e la solita conclusione: anche per stamani, un bel rinvio a chissà quando perché, almeno fino ad ora, ogni mattina si propone diversa. Si, lo so: si prova a cambiare, ma poi si ripetono gli stessi gesti; si carezzano i soliti ricordi; si sognano gli stessi desideri. Un tran tran che, lentamente, soffoca qualsiasi qualsiasi voglia di evasione, di novità, e ti lascia stremato, svogliato, smarrito. E va bene: sono momenti che capitano, oggi magari più spesso di ieri. Però, su, mettiamoci l’animo in pace, e guardiamo con un pizzico di fiducia a ciò che verrà. Diciamola fino in fondo: ciò che è stato, non cambia, ma finisce.

Un bel punto, e sfogliamo le pagine; una in più del nostro personalissimo libro. Domani, cosa succederà? Godiamoci il presente perché il futuro ha sempre in serbo qualcosa di originale e, anche se non sarà spettacolare, arricchirà il nostro album di fotografie e di cartoline, anche a colori, e di cari, amatissimi ricordi. Un’accortezza: tanto per non dimenticare, aggiungiamo i sottotitoli e le date, non si sa mai.