Gli interventi delle Amministrazioni Comunali di Pescia dal 1915 al 1965 per riqualificare la città – il Diario di Renzo Battaglini

Quando nei secoli XV e XVI si costruirono le Gore e i Gorili a Pescia nessuno avrebbe mai immaginato che molti anni dopo vi sarebbe stato un così rilevante problema di salute pubblica da richiedere un deciso intervento delle Amministrazioni Comunali. La lettura del “Diario – La Civica Amministrazione di Pescia durante un Cinquantennio”, scritto con passione da Renzo Battaglini, ci illustra il percorso di “bonifica” e ristrutturazione di alcune zone della nostra città. Le decisioni adottate, gli ingenti investimenti, la visione “in prospettiva” di una città in rovina dopo le conseguenze delle due Guerre Mondiali, della Guerra Civile e della grave epidemia di Spagnola del 1918, fanno onore agli Amministratori di quel tempo: eravamo negli anni ‘20, 30, 40 e 50 del ‘900; i generi alimentari scarseggiavano, la mortalità era elevata, la disoccupazione cresceva e le condizioni di vita erano molto dure.

Secondo quanto riporta Battaglini, la quasi totalità delle Amministrazioni Comunali succedutesi, sia quelle elettive con il Sindaco, sia quelle di nomina fascista con il Podestà, furono animate dal medesimo spirito di riqualificare le aree più degradate e migliorare le condizioni di vita dei pesciatini. Renzo Battaglini iniziò a lavorare in Comune a 15 anni, il 9 luglio 1915, con la qualifica di “amanuense straordinario avventizio”; era Sindaco il Cav. Ing. Oreste Angeli; ottenne il diploma di Scuola Media Superiore superò brillantemente l’esame per l’abilitazione alle funzioni di Segretario Comunale, incarico che assunse nel 1926; in totale rimase alle dipendenze del Comune per 50 anni, 5 mesi e 5 giorni e la sua delicata mansione fu svolta sempre con competenza e passione; a ciò si aggiungeva un’apprezzabile capacità di collaborare con gli amministratori e di essere determinante nelle scelte importanti di quegli anni. La sua carriera ha attraversato il mandato di ben 9 sindaci, 4 podestà e 4 commissari prefettizi.

Il Segretario Comunale Renzo Battaglini

La nostra città è attraversata da un sistema di canali, grandi e piccoli: le Gore e i Gorili, che rendevano possibile l’utilizzo dell’acqua del fiume per le attività lavorative e domestiche. La Rivoluzione Industriale di Pescia, avvenuta nei secoli XVIII e XIX, e la sua conseguente prosperità economica sono derivate per gran parte da questa semplice ed ingegnosa infrastruttura. A nord del centro abitato, in località Il Masso, tra il rio di Faicchi e S. Lorenzo, avevano origine la Gora Est e la Gora Ovest che giungevano nel centro storico dei due nuclei cittadini e nelle rispettive zone agricole; quindi, grazie a canalizzazioni ancora più piccole, l’acqua arrivava in ogni singolo opificio (cartiera, conceria, filanda, mulino, frantoio, ferriera) e la sua forza si trasformava in energia idraulica per il lavoro; inoltre l’acqua giungeva negli orti per l’irrigazione e tra le abitazioni, dove era usata come lavatoio; le acque venivano poi raccolte di nuovo nei canali e immesse nelle Gore principali che a sud della città confluivano nel fiume.

La Gora Est seguiva la strada di S. Lorenzo, attraversava l’area di S. Francesco e l’abitato del Duomo; quindi via degli Orti, la Fabbrica del Marchi, via di Campugliano e via Parri; poi in via di Campo e tramite il torrente Pescina s’immetteva nel Canale Maestro che giungeva in Padule. Invece la Gora Ovest seguiva la via Mammianese, si portava nell’area oggi Del Magro, entrava nel quartiere delle Capanne dove si distribuiva capillarmente, e seguiva poi l’attuale via Amendola; attraversava Campolasso e confluiva nel rio Orti e nel rio Dilezza sfociando finalmente nel fiume Pescia. Le due Gore principali erano a cielo aperto; attualmente ampie parti di esse decorrono “tombate” a seguito della modifica dell’assetto urbanistico della città; metà della Gora Est è ora scoperta mentre la Ovest risulta quasi interamente ricoperta. Oggi entrambe sono totalmente trascurate.

Nella zona del Masso, su sponde opposte, troviamo i due casotti che comandavano l’ingresso dell’acqua nella rispettiva Gora tramite il movimento delle “chiuse” (un sistema di ingranaggi ancor oggi visibile); sulla facciata nord del casotto ovest una lapide del 1877 ricorda il presidente del Consorzio Gora Destra Ulisse Sainati e il capo mastro muratore David Grandi. Ampi tratti di gore o gorili sono riconoscibili in località Bozzo Nero, lungo la Mammianese, nel cortile di S. Francesco, lungo via degli Orti, al ponte del Marchi, lungo via Parri e via di Campo. Anche grazie al disuso questi canali sono diventati ricettacolo di ogni tipo di rifiuti, acque sporche di uso domestico, di uso industriale o agricolo, di carcasse di animali o quant’altro; hanno quindi creato cattivi odori e un proliferare di insetti che hanno reso l’ambiente malsano. In queste aree erano molto frequenti le malattie contagiose favorite appunto dalle scadenti condizioni igienico sanitarie.

Il primo ad occuparsi del risanamento dei vecchi quartieri cittadini fu, nel 1923, l’Avv. Giuliano Bachechi, assessore anziano con funzioni di Sindaco, eletto in una lista composta da fascisti e mutilati ex combattenti; nel 1925 realizzò la copertura di diversi gorili e, per allontanare una parte di popolazione dalle case insalubri, dette inizio a un nuovo quartiere a sud della città, detto di San Michele; fu costruita la prima strada nei pressi delle Fornaci, denominata via Trento. Nelle Capanne si contavano allora molti casi di Tubercolosi, malattia a quel tempo mortale; per questo molta attenzione fu posta a quel vecchio gorile che si estendeva da nord a sud fra le case di via Oberdan e via del Giuggiolo, dove si accumulavano immondizie; quando l’acqua vi ristagnava rappresentava un pericolo per la salute degli abitanti; inoltre le abitazioni erano tutte in condizioni igieniche precarie, con vecchie latrine a servizio di molte famiglie; le pareti delle case erano pericolanti e rendevano insicura la vita degli inquilini. La successiva Amministrazione diretta dal Podestà Bachechi (1927-30), non poteva di certo risolvere un problema così complesso ma fece presente la situazione alle Autorità Superiori perché fossero presi i giusti provvedimenti.

Via Trento, anni 30 (Pescia nel recente passato di Giusti)

Il Podestà Ilio Romoli, nel 1931-32, pur con un notevole disavanzo finanziario, cercò di sviluppare la città a sud, nell’area di San Michele, per trasferirvi chi viveva in case malsane; rese fabbricativi i terreni agricoli recintati da alti muraglioni (l’Orto delle Suore di S. Michele, il parco Piacentini).

Il Podestà Bernardo Fabbri (1935-39) fece costruire i Nuovi Gabinetti Pubblici in Piazza del Pesce, poichè i cantini erano usati come orinatoi; migliorò strade e illuminazione pubblica.

L’Amministrazione guidata da Ferruccio Tongiorgi (1946-51), il “Sindaco della rimozione delle macerie e della ricostruzione”, si trovò di fronte al dramma di tante famiglie che nei quartieri delle Capanne e di via dei Vetturali vivevano in veri tuguri, ove mancavano i minimi requisiti igienici; furono quindi richiesti finanziamenti presso il Ministero dei LL.PP: una prima assegnazione di 25 milioni consentì la costruzione di un fabbricato di case popolari con 16 quartieri in via Ferdinando Martini, inaugurato nel maggio 1944 alla presenza del Ministro Tupini e del Vescovo Simonetti; un secondo fabbricato con 12 quartieri fu inaugurato in via Fiorentina nel 1950 dal Ministro Aldisio; furono poi concessi dal Governo 75 milioni per 70 quartieri INA-Casa (“Case Fanfani”).

L’Amministrazione del Sindaco Rolando Anzilotti (1951-56) evidenziò che le esalazioni provenienti dalle acque stagnanti del gorile, ricolme anche delle immondizie gettate dalle finestre, minacciavano la salute degli abitanti delle case, o meglio, dei “tuguri”, come li definisce il Battaglini, con finestre prospicienti il gorile stesso; ne fu quindi disposta la copertura con sopralluoghi giornalieri degli spazzini; furono poi effettuate frequenti visite nelle case da parte dei dirigenti degli Uffici d’Igiene e Tecnico, con intimazione ai proprietari di munirle dei servizi igienici. Così, migliorate le condizioni igieniche, le malattie scomparvero del tutto. Pescia però non era ancora provvista della fognatura; pertanto il Consiglio Comunale, con delibera del 6 novembre 1955 n. 154, affidò il progetto a un libero professionista che predisse una spesa di 120 milioni con domanda al Ministero; l’approvazione del progetto ritardò e fu concordato un primo finanziamento. I lavori iniziarono nel 1955 ma i costi quintuplicarono. Secondo uno studio eseguito nel 1956-7 dal Sindaco Anzilotti “occorrevano non meno di 600 abitazioni per offrire una vita dignitosa agli abitanti dei vecchi e malsani quartieri cittadini”. Con queste parole il Commissario Straordinario Achille Verani, subentrato all’Anzilotti, nel 1957 riuscì a convincere il Direttore dell’Istituto Case Popolari dr. Antonio Cariglia della necessità di un villaggio di edilizia popolare, per liberare l’area delle Capanne; fu pensata la zona di Ricciano e la successiva Amministrazione Comunale completò l’opera inaugurandola il 12 marzo 1961.

Anche Amministrazione guidata dal Sindaco Mario Valleggi (1957-1961) ritenne che occorresse demolire i vecchi fabbricati nelle Capanne e crearvi strade trasversali, dando così un più ampio respiro alle rimanenti abitazioni; inoltre in via Galeotti fu costruito un comodo marciapiede con la copertura del gorile e l’asfaltatura della sede stradale; anche via dei Forni e via del Giuggiolo furono migliorate. Fu eseguito un successivo progetto per la fognatura della città con una spesa di 220 milioni e fu migliorato il Servizio di Nettezza Urbana.

Via dei Forni

Dal 1945 al 1961 erano stati costruiti ben 366 alloggi dall’Istituto Autonomo Case Popolari, dall’U.N.R.A.Casa, dall’I.N.A. Casa e da varie Cooperative con una spesa di 885 milioni.

Nel 1961, con l’allora Sindaco Umberto Incerpi, arrivò il primo contributo di 150 milioni per le fognature e il Servizio di Nettezza Urbana fu affidato alla società fiorentina S.A.S.P.I.. La situazione nei vecchi quartieri cittadini era migliorata sensibilmente.