Gino Bianucci, il mio nonno materno, nasceva nel 1901; abitava alle Macchie di San Piero e a 9 anni era già orfano di entrambi i genitori; sopravvisse non si sa come, facendo tutti i piccoli lavori che gli capitavano, finché, qualche anno dopo, l’industriale Agostino Magnani, venuto a conoscenza della sua storia, lo prese a lavorare nella cartiera di Calamari, dove si produceva carta pregiata per artisti, carta moneta e filigrana.

Il giovane Gino si dava da fare e quando in cartiera arrivò il camion, il famoso “Fiat 18 BL”, il ragazzo imparò a guidarlo; in Italia questo modello era in assoluto il primo degli automezzi da trasporto merci e i Magnani, da sempre attenti alla tecnologia e alle innovazioni, non potevano non comprarlo. Il camion, prodotto a partire dal 1914, era stato testato favorevolmente durante la Prima Guerra Mondiale: aveva un’alimentazione a benzina con un motore di 5650 cc, 4 cilindri e 38 cavalli, la trasmissione a catena, le ruote in legno e le gomme piene; insomma un gioiello, con il quale Gino si recava tutti i giorni al porto di Livorno dove scaricava la “carta Magnani”. Niente a che vedere con gli estenuanti viaggi che fino ad allora aveva eseguito con la carrozza trainata dal cavallo.

Negli anni Gino diventava l’uomo di fiducia della cartiera, un riferimento per tutti, e dal 1960 fu l’autista privato della famiglia Magnani, alla quale aveva dato molto ma dalla quale aveva ricevuto molto; vi era sempre stato un rispetto reciproco, pur nella differenza delle posizioni sociali. Insomma per Gino i Magnani “erano proprio una grande famiglia”.

Il ramo pesciatino dei Magnani si era infatti sempre distinto per le scelte innovative dei macchinari nelle proprie aziende, per i buoni rapporti con i dipendenti e per le ottime scelte di marketing che avevano consentito di esportare il prodotto in paesi europei ed extraeuropei; inoltre i discendenti della famiglia, tutti di sesso maschile con l’eccezione di Clelia e Isabella, avevano cercato di mantenere l’ingente capitale acquisendo negli anni terreni, case e fabbricati di pregio in Valdinievole, in Maremma, nel pisano e in Lucchesia; tutto ciò grazie anche a matrimoni con persone di rango elevato dal cognome altisonante (Guicciardini, Gerini, Strozzi, Alamanni).

I Magnani avevano poi investito in aziende al di fuori del settore cartario, per esempio le filande, e in opere pubbliche, quali la realizzazione della Stazione Ferroviaria di Pescia nel 1848 e della Ferrovia Lucca-Pistoia, completata nel 1859; poi nel 1816 avevano acquisito il convento di San Francesco per realizzarvi una fattoria al cui interno si trovavano anche una filanda e una stamperia; possedevano inoltre la Fattoria Belvedere di Buggiano e la Capannone di Ponte Buggianese; le fattorie valevano da sole circa 3 milioni di fiorini.

Il FIAT 18 BL con le gomme piene

Originari di Imola, dove erano già industriali della carta, alla fine del ‘600 i Magnani si trasferirono a Voltri dove intrattennero relazioni economico-finanziarie con gli Ansaldi, che a quel tempo possedevano alcuni opifici a Pescia; gli Ansaldi convinsero quindi i Magnani a trasferirvisi e nel 1760 Giorgio, considerato il capostipite pesciatino della famiglia, acquistò e subito ristrutturò due cartiere: la Cheli e La Torre; alcuni anni dopo, era il 1783, Giorgio ne costruì un’altra, grande e moderna, che chiamò Al Masso, situata a metà strada tra San Lorenzo e Pescia, laddove la portata del fiume era considerata ottimale per spingere le ruote e le turbine della fabbrica: disposta su 3 piani e con una superficie di 800 m2, possedeva 6 alberi motori. Fu poi demolita nel maggio 1984, dopo “un’onorata carriera”, perché pericolante; in località Al Masso nascevano anche le due Gore, la est e la ovest, tuttora visibili, che portavano l’acqua in città per l’uso domestico, industriale ed agricolo.

Nel frattempo, era la fine del ‘700, i fratelli Antonio, Domenico e Agostino edificavano o compravano palazzi, tra cui quello sul ponte del Duomo (conosciuto oggi come il “palazzo Magnani”) e la villa in campagna (l’attuale Scuola Agraria a Ricciano). Anche Pasquale si dedicava intensamente alle attività delle cartiere e delle filande e comperò, ammodernandole, le cartiere Santa Caterina e Paradiso, oltre a numerosi mulini e frantoi. Un’altra cartiera, la San Giovanni, nasceva a Pietrabuona nel 1795 sempre per volontà dei Magnani; 2 anni dopo questa bruciava ma veniva ricostruita con ben 7 alberi motori; era poi ceduta nel 1917 alla famiglia Checchi; invece la cartiera Poschi, in località Chievi di Vellano, veniva acquisita dai Magnani nel 1794.

Questa fiorente attività industriale aveva dato lavoro a molte famiglie bisognose per cui ai Magnani fu concessa la cittadinanza onoraria e addirittura un titolo nobiliare: la famiglia, forte di un patrimonio di 24mila scudi, continuava ad acquisire e ammodernare sempre più cartiere: nel 1811 su 21 fabbriche lungo il fiume ben 7 erano di loro proprietà, dotate perfino di impianti a vapore per subentrare nella produzione nei periodi di magra del fiume; fu in questo periodo che il loro predominio industriale incrementò molto anche al di fuori dei confini nazionali: si produceva carte per banconote e carte valori per le Banche Centrali dell’Europa, carta per artisti e per stampatori famosi; addirittura Napoleone Bonaparte nel 1810 scelse questa carta pregiata per le sue partecipazioni di nozze. L’Expo di Londra del 1860 poi rappresentò un successo per la carta Magnani stimolandone ulteriormente la notorietà internazionale, tanto da essere richiesta anche a Alessandria d’Egitto e a Lisbona, in Brasile, Venezuela, America Latina e, dal 900, anche in Medio Oriente. Isabella intanto sposava un Gerini, diventava proprietaria di molti palazzi a Firenze e ne costruiva uno a Pescia, in piazza Obizzi, dove oggi si trovano gli uffici comunali.

Alla morte di Giorgio subentrava Agostino, impegnato in un’importante azienda agraria nei terreni circostanti Villa Belvedere e nell’attività serica che offriva lavoro a 200 operai. Subentrava a sua volta il figlio Giorgio che nel 1856 si adoperava in modo esemplare durante l’epidemia di colera in Valdinievole. Il cugino Lorenzo, nel frattempo, convinceva il Granduca Leopoldo II di Toscana a concedere l’autorizzazione per costruire la ferrovia nel territorio fiorentino e Domenico, dopo aver fondato nel 1840 la Cassa di Risparmio di Pescia, diveniva senatore nel parlamento del Granducato.

Nel 1860 Enrico, prendendo a modello le moderne cartiere francesi, costruiva la cartiera di San Frediano scegliendo accuratamente il luogo sulla riva destra del fiume e sotto il paese di Aramo, in località Calamari; a monte di essa non c’erano lavorazioni che intorbidassero le acque del fiume ed esisteva lo spazio per costruire una gora utile a fornire energia idraulica all’opificio; Enrico poi acquistava anche l’edificio Le Carte e lo ammodernava; quindi la Ponte di Gemolano, dove si produceva cartone pressato; alla sua morte i 5 figli costituivano una società con le altre cartiere di Grottaferrata e di Subiaco; sarà Gregorio quello che continuerà l’opera del padre producendo carta e cartoni all’ingrosso, carta a mano-macchina, carta per valori con filigrana, carta per stampa, per assegni, per carte da gioco. Invece Carlo, nato nel 1887, appassionato studioso e letterato, passava il tempo a riordinare le opere e i manoscritti presenti alla Biblioteca Comunale che proprio per questo gli fu intitolata.

L’attività della famiglia Magnani nel settore cartario continuava ad espandersi e a inizio 1900 essi possedevano anche le cartiere Bozzo Nero, Cerreto e San Lorenzo dove producevano carta da imballo; successivamente, a causa della Guerra Mondiale, vi fu un importante declino nelle richieste e quindi nella produzione di carta; pertanto al termine del conflitto i Magnani cercarono di rilanciare il marchio e viaggiarono molto all’estero; finalmente nel 1952 nasceva la nuova impresa “Cartiera Enrico Magnani S.p.A.” che iniziava la produzione sotto la guida di una giovane generazione di imprenditori; dopo importanti investimenti in macchinari e tecnologia, negli anni ‘60 si verificavano però una serie di circostanze sfavorevoli che portarono nel 1993 alla cessione alla Cartiera Milani di Fabriano. Se Gino lo sapesse ne sarebbe molto addolorato.

Le Carte nel 1929
Cartiera Al Masso