Le infestazioni intestinali o parassitosi sono infezioni che riguardano l’apparato digerente, dovute a microrganismi, noti con il nome di parassiti.
Nel parassitismo il parassita trae un vantaggio, per lo più di nutrimento e di benessere ambientale, a spese dell’ospite, in questo caso l’uomo, creando a quest’ultimo un danno biologico. Le parassitosi sono endemiche in alcuni Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni igieniche, climatiche e ambientali ne favoriscono l’insorgenza ed il propagarsi, ma anche nel nostro Continente e nei più evoluti Paesi dell’Occidente sono molto diffuse grazie anche ai numerosi viaggi intercontinentali e transoceanici e per il crescere dei fenomeni immigratori.

sintomi delle parassitosi possono essere gravi ma più spesso sono modesti e aspecifici; esistono inoltre i “portatori sani”, cioè soggetti che hanno il parassita nel loro organismo, ma non presentano alcun segno di malattia, né oggettivo né soggettivo.
Le infestazioni da Protozoi (per esempio da Giardia Intestinalis) creano un danno diretto alla mucosa intestinale, con susseguente atrofia dei villi, riduzione delle attività enzimatiche della tripsina e della lipasi, dovuta al danno cellulare, per cui si genera un malassorbimento.
Le infestazioni da Elminti creano anch’esse un danno diretto alla mucosa e determinano a volte una reazione immunomediata di ipersensibilità, che coinvolge cellule circolanti, come i mastociti, gli eosinofili e gli anticorpi IgE antielmintici specifici, come avviene per esempio nell’anisakiasi.
Le infestazioni parassitarie determinano quasi sempre diarrea, che equivale al tentativo di eliminare il parassita.

Recentemente sono state introdotte tecniche di amplificazione genica in biologia molecolare che consentono la rilevazione di più parassiti contemporaneamente.

Questi nuovi test, disponibili solo in centri altamente specializzati, presentano una sensibilità e specificità altissime non comparabili con la classica microscopia, infatti in uno studio recente di comparazione su 1902 campioni analizzati sono risultati positivi solo il 10,3% quando analizzati con la microscopia e ben il 48,7% utilizzando le tecniche di biologia molecolare multitarget.