La curtis in età medioevale è una struttura gestionale in cui sono organizzati numerosi appezzamenti di terra, facenti capo a più di un villaggio. Per meglio comprenderla, immaginiamo una serie di cerchi concentrici: al centro vi sono le case dei lavoratori con gli orti e le stalle; la fascia mediana è occupata dalle terre coltivate, mentre in quella più esterna i pascoli ed i boschi.

 

Il principio secondo cui è organizzata la curtis è la distinzione tra la gestione diretta e quella indiretta: la prima è gestita direttamente dal signore, mentre la seconda è suddivisa in quote (denominate mansi), che sono affidate ai coloni.

 

Anche nel territorio che i documenti medioevali definiscono “Pescia” vi erano ovviamente numerose curtes. I maggiori proprietari terrieri della zona erano tre famiglie di cui abbiamo testimonianza fin dal Mille: i cadolingi; i signori “di Uzzano, Vivinaia e Montechiari”; i “da Buggiano”.

 

Senza alcun dubbio, la prima famiglia, i cadolingi, era quella più importante. Sono testimoniate di loro pertinenza una curtis in Ceule presso la chiesa di San Quirico ed il castello di Bareglia; terreni in Palude e Cerbaie e presso il lago di Sesto (questi ultimi, fuori dal territorio qui considerato). Ceule (Celle) e San Quirico sono due luoghi entrambi sul fianco destro del Pescia maggiore: corrispondenti, grosso modo, ai moderni toponimi di “via di Celle” e “borgo San Quirico”. A la Sala è un altro nome testimoniato in questa zona.

 

Nei medesimi anni pure i signori “di Uzzano, Vivinaia e Montechiari” (cioè gli attuali luoghi di Uzzano e Montecarlo) risultano avere curtes a Pescia: ben sette proprietà a Torricchio. I “da Buggiano”, invece, possedevano terre a Sorico, Ripa ed Uzzano.

 

Oltre a queste famiglie vi erano gli enti ecclesiastici, perlopiù lucchesi, che gestivano curtes in questa zona: San Salvatore in Brisciano; il Capitolo di San Martino ed il monastero di San Salvatore di Sesto. Si ha notizia pure di una curtes di proprietà del vescovato di Pistoia.