Negli ultimi decenni c’è stato un crescendo di interesse per una relazione che in realtà era stata già identificata al tempo degli antichi Romani e che è ben espressa nelle parole « mens sana in corpore sano»: la connessione tra la salute fisica e quella mentale. Le attuali neuroscienze, che studiano il funzionamento del nostro cervello, hanno avallato la veridicità di questo rapporto anche nei bambini, mettendo chiaramente in evidenza che il cervello dei bambini sedentari o in sovrappeso è meno efficiente di quello dei bambini che hanno un fisico allenato. In particolare, le aree del cervello dalle quali dipende la capacità di memorizzare sono più grandi e i neuroni che lo compongono sono meglio interconnessi tra loro se i bambini hanno una buona efficienza cardiovascolare, per cui i bambini “in forma” hanno una marcia in più quando devono svolgere compiti che richiedono memoria. E non è solo memoria a beneficiare dei giochi di corsa come acchiappino!

Sembra infatti che l’esercizio cosiddetto aerobico supporta anche lo sviluppo di quelle funzioni mentali che sono i direttori d’orchestra del nostro cervello: sono le funzioni esecutive, che ci consentono di uscire fuori dagli schemi di pensieri e azioni routinari, di finalizzare le nostre azioni, pianificarle e monitorarle, di aggiornare le informazioni da tenere a mente per risolvere i problemi emergenti e per cambiare flessibilmente strategia d’azione quando la situazione sta cambiando e i modi di pensare ed agire consolidati non sono più efficaci. È evidente che in un mondo come quello attuale, in cui la sfida educativa si gioca proprio sulla capacità di affrontare e anzi anticipare il continuo cambiamento, le funzioni esecutive assumono un ruolo determinante. E se l’esercizio fisico e l’efficienza fisica che ne deriva favoriscono lo sviluppo proprio di queste funzioni, allora il cerchio si chiude: l’esercizio fisico può diventare uno strumento potente di promozione della salute fisica e mentale dei bambini.

Purtroppo le ricadute applicative di queste scoperte sono ancora limitate, perché le scienze motorie soffrono di un “peccato originale”: hanno una preponderante radice medica, che si esprime nel motto della maggiore autorità scientifica mondiale in tema di scienze motorie, l’ American College of Sport Medicine ,“sport is medicine”. L’affermazione è assolutamente vera: ci sono malattie per le quali l’esercizio fisico è la miglior medicina. Tuttavia, sarebbe riduttivo pensare ai nostri giochi di movimento come mero esercizio fisico, che fa bene ai muscoli e al cervello a seconda di quanto se ne pratica, come se si trattasse del dosaggio del principio attivo di una qualunque medicina. Si rischia di sottovalutare o addirittura ignorare tutto il valore aggiunto, qualitativo delle attività motorie.

I giochi prendono “due piccioni con una fava”, poiché sono al tempo stesso impegnativi dal punto di vista fisico e stimolanti dal punto di vista mentale: sono cioè una forma ludica e perciò particolarmente adatta ai bambini, di allenamento cognitivo grosso-motorio. La ricetta per combinare queste due componenti è trovare il giusto equilibrio tra ripetizione e cambiamento. La ripetizione consolida i comportamenti e richiede un basso impegno cognitivo, il cambiamento li destabilizza e stimola la ricerca di nuove soluzioni con rinnovato impegno mentale.

Parlando di ricerca di nuove soluzioni apriamo la strada a un nuovo concetto, quello di creatività. Ci addentriamo qui in una nuova area delle funzioni della mente: la metacognizione. Quando ci si prepara a risolvere un problema e, poi, si monitora se realmente nel processo di soluzione si sta progredendo verso l’obiettivo, si mettono in gioco le funzioni metacognitive. La creatività è una delle più complesse e rappresentative; essa attinge a tutte e tre le funzioni esecutive di base: la capacità inibitoria, la memoria di lavoro e la flessibilità cognitiva. Infatti per riuscire a generare un prodotto creativo, occorre inibire i pensieri e comportamenti routinari, combinare in modo nuovo e originale informazioni in memoria ed essere capaci di esplorare flessibilmente nuovi modi di pensare e di agire.