Ecco per voi il risultato di una chiacchierata con un musicista che a soli 23 anni è riuscito a colmare il suo sogno, iniziare la professione con i più grandi artisti italiani

 

D.A che età hai avuto il primo approccio con la musica e quando hai capito che la batteria era il tuo strumento?

R.Sono nato in Val Badia, un piccolo paese dell’Alto Adige, quando ero ragazzo le possibilità di imparare uno strumento erano limitate, non c’era nessuno che potesse insegnarmi a suonare la batteria e ho cominciato da autodidatta già intorno ai 5-6 anni picchiando su qualsiasi cosa mi capitasse, pentole o fustini del Dash.

All’età di 12 anni mi trasferisco in Veneto e le possibilità di spostarmi erano sicuramente maggiori tanto che a 16 anni inizio a prendere lezioni a Brescia e studiare batteria con Alfredo Golino, turnista professionista italiano.

 

D.Com’è iniziata la tua carriera professionale?

R.La mia prima esperienza lavorativa professionale mi è stata indirizzata proprio dal mio insegnante, Golino, proponendomi a Pino Daniele per le audizioni che stava facendo ai batteristi per la tournée estiva del 2007.

Parto per Roma da perfetto sconosciuto al mondo professionale, mi incontro con Pino e suo figlio Alex che mi accompagnano allo studio per il provino.

Arriviamo in sala e dopo aver sistemato e accordato la batteria si comincia a suonare una serie di pezzi così da farsi sera, premetto che mi avevano prenotato soltanto il volo di andata e quello di ritorno ci sarebbe stato nel caso non avessi passato la selezione.

Entra in sala Alex per sapere cosa doveva fare con me, se prendermi una camera o meno e la risposta di Pino fu,

“certo che domande, prenota pure!!”

Da quel momento capii che ero piaciuto e il primo step era passato.

 

D.Com’è continuata poi la tua carriera? Immagino sia stato un bel trampolino di lancio aver suonato con Pino Daniele.

R.Certo questo è stato un bel biglietto da visita, le prime esperienze successive si sono innescate facendo il sostituto, come ad esempio la chiamata all’ultimo momento da

Maurizio Dei Lazzaretti per sostituirlo con Zarrillo per tutto il periodo della tournée in corso.

Nel 2018 è successo così anche con Ron e altri artisti.

 

D.Qual è l’artista che ti ha più scosso emotivamente?

R.Un buon sodalizio durato da fine 2009 al 2011 è stato quello con Malika Ayane, un sound molto raffinato, nord-europeo  che in Italia era abbastanza sconosciuto. Per me è stata una bella soddisfazione musicale permettendomi di sperimentare molto le sonorità e distaccarmi da quello che era il modo classico italiano. Di contro un’esperienza negativa è stata quella con Patty Pravo sempre nel 2009; negli anni ho ricercato la pulizia nei suoni, la precisione d’esecuzione e di non sbagliare mai anche se in questo caso non mi ha premiato in quanto a lei serviva un musicista di tutt’altro tipo, più scenico e con un’impostazione più rock senza troppe cure nei dettagli.

 

D.Parlaci della tua collaborazione con i Pooh…

R.Questa è stata un’evoluzione naturale del rapporto che avevo in casa essendo mia mamma sposata con Red Canzian. Nel 2009 D’Orazio decide di lasciare il gruppo sostituito inizialmente da Steve Ferrone contribuendo ad un disco e un tour di 10 date.

Il 2 gennaio nel 2011 il mio primo concerto con i Pooh a Scafati, vicino Napoli, un grande evento che poi ho fatto anche con Renga qualche anno dopo.

I fan mi hanno saputo accogliere come parte integrante della famiglia vedendomi ben partecipe alla musica che stavo suonando.

Sono stato con loro fino al concerto cinquantennale nel 2016 quando Stefano D’Orazio ritorna a prendere il suo posto originario per salutare il pubblico e chiudere con quella sera il percorso della band.”

 

D.Sei laureato in storia dell’arte e so che hai un progetto tuo in cui sei riuscito a legare la musica con la pittura, me ne puoi parlare.

R.Esatto, il progetto si chiama “The Framers”, nasce circa 10 anni fa insieme ad un collega bassista di Treviso, Andrea Lombardini, un jazzista molto creativo.

Con lui abbiamo pensato di unire queste due passioni, la storia dell’arte con il jazz contemporaneo.

Il principio è quello di mettermi di fronte a un dipinto come pu  essere quello di Picasso o Dalì e cercare di creare una composizione che sia molto attinente al quadro.”

 

D.Come te la immagini la musica live in futuro dopo questo momento storico che stiamo attraversando?

R.Da un lato per mia natura sono una persona molto ottimista e sicuramente ci sarà voglia di ripartire e recuperare l’entusiasmo perso.

Dall’altra parte ti posso dire che il settore musicale è comunque in crisi da tempo e la pandemia sta accelerando un processo che era già in corso.

Questo mi fa preoccupare in quanto si sta perdendo l’interesse per la musica suonata dal vivo, quando eravamo piccoli noi ci appassionavamo alla batteria o alla chitarra o qualsiasi strumento che sentivamo nei dischi, cosa che oggi accade sempre meno. Ad un ragazzo di oggi non viene voglia di studiare musica ma più volentieri prendere un percorso per diventare dj o produttore gravando di conseguenza anche sulla didattica.

La responsabilità che abbiamo noi e il messaggio che voglio mandare è quello di tener duro cercando di non distruggere il mercato mantenendo i cachet e preservando quello che è stato creato da vecchie generazioni.