Non è affatto sbagliato affermare che la terra oggi definita “Valdinievole” abbia avuto una propria identità unitaria verso la fine del secolo XII.

 

In precedenza, il territorio così denominato era composto da quattro aree: la valle del Pescia minore, quella del Pescia maggiore, la Valleriana e la valle della Nievole.

 

La Valdinievole comprendeva la zona orientale del vasto territorio diocesano lucchese ed era separata da quello pistoiese tramite il rilievo del Montalbano; numerose erano le pievi, tutte poste a corona delle ampie porzioni acquitrinose – prime fra tutte quelle del padule di Fucecchio: San Gennaro “de Asilattia”, Santa Maria di Villa Basilica, San Genesio di Boveglio, San Tommaso di Castelvecchio, San Martino di Vellano e Santa Maria di Massa.

 

Poi vi erano quelle del piano: San Piero in Campo, Santa Maria di Pescia, San Pietro “de Neure”, San Lorenzo di Vaiano e San Pietro a Cellere (Cerreto Guidi).

 

Come dicevo, è possibile individuare una decisa “identità territoriale” della Valdinievole già sul finire del secolo XII, dunque molto prima del Trecento, quando tutta l’area era lucchese, come attesta lo Statuto di Lucca del 1308.

La Valdinievole rappresentava una vicaria con quattordici comuni ed era governata da un vicario (per le cause penali) e dai podestà (per le cause civili), presenti in ciascun Comune.

Con la conquista fiorentina di buona parte della Valdinievole, cominciata a partire dagli anni Trenta del secolo XIV, fu instituito un vicariato con funzioni sia penali sia civili.

Nel piano della Valdinievole, tutti i Comuni erano fiorentini, e di quelli montani soltanto Castelvecchio, Sorana e Vellano entrarono sotto il governo della città del giglio.

Gli altri Comuni montani rimasero entro il dominio lucchese.

Il sistema del vicariato adottato da Firenze, se si eccettua la breve parentesi del governo francese, ha retto fino all’Unità d’Italia.