Io sono PRIMAVERA, e mi borio di fiori e di frutti, io sono quel vento sottile, quella brezza leggera e profumata che inonda le prime sere a preludio della bella stagione che viene, che incede festosa e sgargiante, portandosi in grembo luce e sole raggiante, che quasi ferisce gli occhi con l’idea prepotente di scacciare il grigiore dell’inverno.

Io sono PRIMAVERA, e porto con me la speranza, la gioia di un battito di mani e di cuore, come per dire che da ora in poi arriverà il buono ed il bello, e che il cielo azzurro ed a tratti rosato è proprio quello che si disegnava da bambini quando si pescavano i pastelli più lieti e si progettava su carta il meglio del nostro futuro.

Io sono PRIMAVERA, ed il verde smeraldo dei campi si rivela come il segno inconfondibile della natura che ride e che materna ci accoglie, donandoci sonni e sogni, aquiloni volanti, girotondi interminabili di colori.

Ma quanto durerà? Quanto durerà questa nostra PRIMAVERA?

Penso all’eterno, alle leopardiane morte stagioni, e poi mi giro, mi guardo intorno, roteo gli occhi verso un mare increspato, rigoglioso e traboccante d’oro: e perché allora non pensare all’eternità, al tempo che non finisce mai e rimane perenne, costante, ora come allora?

Sento che stiamo vivendo fuori dal tempo: si vive l’istante di ora nel pensare già al dopo, al futuro, a quello che verrà; sicuramente questo fa parte dell’uomo, della sua lungimiranza, del suo vivere non solo egoisticamente per il presente immediato e per il sé ma anche per il raggiungimento di obiettivi accuratamente collocati in una prospettiva a lungo, anzi lunghissimo raggio.

Sento che stiamo vivendo fuori dal tempo, non riuscendo a cogliere appieno l’istante di ora, quasi non riuscendo a catturarlo nella sua interezza, nella corposità della materia, nel succo, già scartandolo, e mangiando l’uovo prima ancora che la gallina lo partorisca.

Sento che stiamo vivendo fuori dal tempo anche quando insistentemente e gelosamente guardiamo al passato, rimpiangendolo, tormentandoci dentro, ritenendolo migliore del presente, a prescindere, come diceva Totò.

Come si fa allora a vivere ora, a godersi questa Primavera, a mettere da parte gli Autunni e gli Inverni ed attendere l’Estate che ancora ha da venire, nonostante il viso già accaldato ed i vestiti più leggeri a fasciarci il corpo?

Basterebbe forse essere capaci di guardare, di osservare l’oggi, e non dico di arrestarsi a quello come fosse un finale punto fermo, ma di soffermarsi almeno un pochino sì, di rallentare il passo, di non girare anzitempo le pagine di calendari ed agende.

Credevo che il forzato lock-down qualcosa sul valore del tempo (che si era improvvisamente bloccato) ci avesse insegnato; ed invece no, tutto è ricominciato freneticamente come prima a scorrere, a correre…e noi lì atletici maratoneti a rincorrere una Primavera dopo l’altra, il tempo, l’eternità, continuando a sognare (magari) una giornata di 48 ore… . 

Addirittura…