Mons. Amleto Spicciani ci ha trasmesso questo suo scritto a proposito della recente unione in persona episcopi della diocesi di Pescia con quella di Pistoia.

Sabato mattina ascoltando in cattedrale il Vescovo mi pareva per commentare il fatto leggesse, pari pari, parola per parola, gli articoli 16 e 17 del concordato mussoliniano del 1929; articoli che esprimono un progetto del duce ben conosciuto dal vecchio clero e che Craxi non osò riproporre alla Chiesa italiana nella revisione del concordato nel 1984.

Mussolini chiedeva che si facesse <<una revisione della circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle provincie dello stato>>.
Anche per questo la decisione del papa ci ha profondamente amareggiati; ma era prevedibile poiché egli ha detto e ripetuto che in Italia le piccole diocesi vanno abolite. Personalmente, mi ero rallegrato che ciò recentemente non fosse avvenuto vicino a noi, a Volterra e a San Miniato. Non conosco la sostanza di questi avvenimenti, e soprattutto non la voglio conoscere. Dico solo quello che tutti sanno, e su quanto sappiamo esprimo le mie riflessioni.

Dico subito che per questa faccenda pesciatina mi ha molto colpito – come segno espressivo di un tempo completamente nuovo – il silenzio di Pisa e l’assenza del nostro metropolita, l’arcivescovo di Pisa. Lucca poteva approfittare del momento favorevole per recuperare la sempre agognata Valdinievole, e Pisa doveva difendere la sua diocesi suffraganea.

Nuovo per nuovo, personalmente avrei preferito e auspicato la soppressione della diocesi di Pescia e la sua fusione con quella di Pistoia, come nel 1929 Mussolini chiese che si facesse per le diocesi non capoluogo di provincia.
Questo mio auspicio vale per la sicurezza del clero e per il bene delle anime. Infatti, al di là di ogni generosa buona volontà, è inevitabile che si formi la figura del vescovo assente e distratto da altre occupazioni, che il Concilio di Trento nel secolo XVI condannò come gravemente dannosa.

Ormai tutto dipenderà dalla persona che il nuovo vescovo metterà a Pescia come suo rappresentante, dalla sua capacità di amare il clero, specialmente il numeroso clero ospite, e di farsi da esso riamare. A mio parere dobbiamo, tutti insieme, sentire il dovere di agire, con coraggiotenacia e competenza, per preparare il terreno per quando la storia e le circostanze potranno dimostrare il valore umano e pastorale delle piccole diocesi. Del resto qualcosa avevamo già tentato di fare.

C’è stato, al tempo dei vescovi Bianchi e De Vivo, un progetto, che io ho fortemente sostenuto e che avrebbe assicurato l’esistenza della diocesi di Pescia. Penso al progetto della costituzione della metropolia lucchese elaborato e proposto dai canonici della cattedrale di Lucca quando al loro arcivescovo, non metropolita, fu negato l’uso del pallio. Malgrado il disinteresse del cleroaderirono all’iniziativa le due diocesi di Pescia e di Massa, i cui territori nel passato avevano appartenuto alla diocesi di Lucca. San Miniato, ugualmente di derivazione lucchese, non aderì. Arrivammo quasi alla conclusione, quando tutto fu sospeso per questioni sorte tra Lucca e Massa.

Fatta la metropolia, con Pescia suffraganea, avremmo evitato ogni pericolo di soppressione o di accorpamento, che evidentemente avrebbe comportato la caduta della stessa metropolia.
Don Amleto Spicciani