La Giovanna è la Giovanna.

Lo so che pare una frase detta da un prete dall’altare, ma è la verità vera.

Molti di voi che qui mi leggete non sapete chi sia.

Eppure se la vedeste e se ve la presentassi vi innamorereste subito di lei.

 

Alt.

 

Non è la mia fidanzata e neppure, come si dice oggi, la mia compagna.

È la mia amichetta. Ma non in quel senso. Noi non sappiamo come siamo fatti sotto quei cenci che portiamo ogni giorno. Io, che ho fantasia, però me la immagino ignuda, anche se non glielo ho mai detto, ma io credo che lei sappia che io so. E come me la immagino io non ve lo dico. Perché la Giovanna è la mia amichetta del cuore.

 

Sarebbe per me fin troppo facile dirvi dove abita e da quale finestra vede il sole che sorge, ma non ve lo dico perché mi manca il coraggio.

Non direi mai da quale finestra si affaccia ogni mattina. Sarebbe come tradirla. Ed io non posso tradirla, perché è unica.

 

Anche se porta i capelli corti che pare un prato all’inglese. Ed ha gli occhi più verdi che mai abbiate visto. Ed un seno enorme, che io sinceramente non so a cosa le serva.

Solo una volta ho cercato di baciarle la guancia sinistra, quella più vicina al cuore. E mi pareva che palpitasse. Ma mi sbagliai. Tra me e la Giovanna non c’è mai stato nulla, se no ve lo direi. Giuro.

 

Vi dicevo dei suoi capelli. Ha i capelli rasati di lato ed un ciuffo in cima alla testa che pare un gallo cedrone innamorato. E poi veste sempre come se andasse a scaricare la frutta al mercato centrale. Ed è per questo che la amo. Anche perché io sono uguale a lei. I nostri vestiti sono gli stessi e profumano di amicizia che sfido chiunque a trovarne una simile.

Io mi posso mettere una sua maglietta, lei un mio paio di jeans e però lei avrebbe sempre mille punti più di me. Per via di quegli occhi verdi difficili da dimenticare.

 

Ma io non sono innamorato di lei. Lei mi ha detto che non sono il suo tipo. Troppo stupido, troppo scemo, non faccio per lei. E però a me garberebbe avere la notte un paio di quegli occhi verdi da stringere forte forte, che paiono usciti da un laboratorio di Murano.

Gli occhi della Giovanna una volta visti non li dimentichi più. Detto tra noi e che rimanga qui, credo che lei non sappia che bella persona sia. Io a volte glielo dico, ma lei fa finta di non ascoltarmi. E non è sorda, ve lo potrei giurare davanti ad un giudice.

 

Ricordo quando ci siamo conosciuti, che sarà stato un annetto fa. Non faceva freddo ed io però avevo una magliettina bianca addosso ed un paio di jeans talmente sudici che gridavano vendetta al cospetto di Dio.

Lei mi guardò come se fossi uscito da qualche comunità strana e vidi quel ciuffo ribelle che pareva scappare da un momento all’altro dalla sua testa. Mi disse subito che non era di Monsummano, ma di giù, credo Salerno o Caserta, comunque sempre Italia.

E però quando parla mette su un accento lucchese che nemmeno i miei nonni avevano.

 

Non so perché una come la Giovanna parli lucchese a Monsummano. Sono quei misteri che mi garberebbe conoscere.

E dunque, quando ci conoscemmo al Tiffany, c’erano la Claudia e Pietro dietro al banco.

La Claudia, da quella meravigliosa donna che è, capì che io non conoscevo la Giovanna.

Le disse che io la stavo guardando fin troppo insistentemente e lei, con lo sguardo più verde che abbia mai ricevuto, mi disse ciao ed allungò la mano destra.

Notai che non aveva anelli. Era una ragazza singola.

Ed era, qui lo dico, piuttosto bella. Perché la Giovanna è bella.