Chiunque abbia visto la stampa di Pescia di Pierre Mortier (foto in copertina)  sicuramente avrà notato quel rudere a forma circolare presente sul lato sinistro della veduta, poco fuori delle mura cittadine. Come molti altri, anch’io mi sono chiesto cosa potevano essere quei resti tanto che, da ragazzo, questo interrogativo è stato l’imput che mi ha avvicinato alla ricerca storica locale e alle indagini archeologiche. 

Visto che  durante le mie prime esperienze professionali quale docente di materie artistiche non mi avevano molto entusiasmato, complice la mia indole di artista un po’ ribelle. Grazie alla passione archeologica ho avuto l’opportunità di occuparmi del Museo Paleontologico quale incaricato dal Comune di Pescia, all’inizio per cinque anni ed in seguito quale Esperto Museale dopo aver espletato il concorso appositamente indetto. 

Tornando al rudere, che la mia fantasia lo riconduceva a resti romani, piano piano la ricerca storica e le indagini sul terreno hanno lasciato aperte alcune ipotesi più o meno plausibili.

La prima ipotesi è che verso la fine del XVII sec. Pescia è in fermento per la sua candidatura a città nobile Toscana e molteplici sono le iniziative per dare seguito a questo riconoscimento da parte di Firenze, come la realizzazione dello Stradario, l’Albo d’Oro delle famiglie nobili pesciatine e il tutto doveva essere coronato dall’origine storica della città, che secondo alcuni, il nucleo originario di epoca romana,  veniva ipotizzato nella vicina Marzalla, poco ad Ovest del centro abitato. L’incisione di Pierre Mortier risale a quel periodo e forse quel rudere voleva rappresentare i resti di un antico abitato romano?

La seconda ipotesi è quella relativa ad una torre di difesa denominata Forte di S. Michele di cui oggi non restano più tracce, realizzata dai fiorentini verso la prima metà del XIV Sec. per scongiurare le scorribande pisane che provenivano quasi sempre dalle colline ad Ovest. Anche in questa circostanza molti storici hanno ipotizzato la sua possibile ubicazione ma la più plausibile credo sia quella di identificarla con i ruderi della stampa del Mortier.  Ipotesi avallata dal fatto che a monte di Valchiusa esiste ancora, nelle mappe catastali, il toponimo S. Michele i cui resti, se esistono, a mio parere,  si possono supporre nei pressi o inglobati nell’attuale villa Lavoratti. E’ da escludere, perché a forma ottagonale, la torre abbattuta all’inizio del ‘900 di villa il Mago.  A tale proposito vorrei qui ricordare alcuni ritrovamenti archeologici di superficie rinvenuti in questa località. Durante le mie escursioni rinvenni un puntale di anfora romana depositato nel Museo di Scienze Naturali e Archeologia, di cui all’epoca ne ero il responsabile e il reperto lo inventariai come rinvenuto in “località S. Michele”, da qui il malinteso nella Carta Archeologica della Provincia di Pistoia (1) di indicare il rinvenimento nel Conservatorio di S. Michele anziché alle pendici della Cappella o della così detta Marzalla su cui molto è stato scritto o detto a proposito delle origini di Pescia, anche di recente da valenti studiosi della materia (2).

Ecco che a questo punto ritengo doveroso pubblicare, da autodidatta, altri rinvenimenti relativi alla Marzalla o Cappella alcuni dei quali inediti ma comunicati alla Soprintendenza Archeologica, insieme ad altre precisazioni, dopo aver preso visione della pubblicazione della Carta Archeologica precedentemente detta e ci tengo a chiarire che durante la stesura di questa il sottoscritto era responsabile solo del Museo Civico di Palazzo Galeotti e della Gipsoteca e non del Museo di Scienze Naturali e Archeologia a cui i curatori si sono sicuramente rivolti.

Considerando che Marzalla o Marzalle si possono identificare le due colline basse fra Pescia e Collodi divise al centro dal rio Dilezza, le mie giovanili ricerche mi indussero a constatare una quantità di toponimi, notizie e rinvenimenti di superficie in questa zona maggiormente frequenti nell’area del versante fra Cappella e Pescia.

Dai documenti storici del 1339 risulta che la Cappella era uno dei Quinti di Pescia, aveva il suo Priore ed esprimeva dieci Consiglieri. Quindi un villaggio più o meno esteso o sparso in località Cappella è certo, almeno fino alle scorrerie dei pisani-lucchesi.  

Nella prima metà del ‘600  il Galeotti nelle sue Memorie di Pescia, in località Cappella  attesta nel suo manoscritto, “...dove oggi ancora si vedono molte vestigie di Muraglie antiche disfatte con pietre quadrate” nello stesso periodo anche Placido Puccinelli, altro storico locale, nella sua pubblicazione, Memorie di Pescia – 1664,   ribadisce l’esistenza di ruderi.

A cavallo fra il Sette e Ottocento si sviluppa una coltivazione collinare con regole ben precise che impongono l’uso del terreno con terrazzamenti e le colline che circondano Pescia vengono prese d’assalto anche dai facoltosi pesciatini che costruiscono ville quali residenze estive ed è in questo periodo, durante questi lavori agricoli o edili , che vengono segnalati numerosi ritrovamenti archeologici a volte ben descritti ma purtroppo, senza la conferma materiale del reperto, in alcuni casi è impossibile inquadrarli in un contesto storico preciso .   Questo è accaduto anche alla Cappella e nel medesimo periodo vengono segnalati ritrovamenti di muraglie, oltre a quelli descritti dal Galeotti e dal Puccinelli, G. Ansaldi, nei pressi della ex  Villa Marchetti,  parla anche del ritrovamento di un bassorilievo con in basso l’iscrizione “Traianus” insieme ad altre pietre quadrate poi trasportate a Villa Chiari che viste dal Nardini (3) le identificò come romane. La stessa Carta Archeologica riferisce questo ritrovamento in modo generico in località Marzalla insieme a “grossi fittili usati come forme per la fusione del ferro  (Pe11 Marzalla pag. 247). Fra la Cappella e Pescia vengono ritrovati numerosi reperti fra monete in oro e bronzo, corredi tombali e manufatti di vario genere.

Nei primissimi anni ’70 le mie ricerche di superficie in questi luoghi mi fecero rinvenire nei pressi di Villa Guardatoia un cippo fallico etrusco in alberese che era da poco rimosso fra l’acciottolato del vecchio percorso stradale per un nuovo allacciamento idrico. Nei campi prospicienti, da poco arati, raccolsi alcune decine di proiettili da fionda, questi reperti furono depositati nella sede pistoiese del Gruppo Archeologico di cui all’epoca facevo parte, per circostanze incomprensibili, non sono più  rintracciabili. A testimonianza del reperto piuttosto significativo resta però la foto del cippo (foto 2) e uno degli articoli che all’epoca uscì sulle cronache locali riportando alcuni riferimenti precisi che avevo completamente dimenticato (foto 3) e che la Carta Archeologica (pag. 231) definisce notizia non verificabile” . Da considerare che nella vicina Verruca di Collodi,  rinvenni numerosi frammenti di ceramica grezza riferibili ad epoca etrusca (4) luogo indicato come insediamento ma più verosimilmente come luogo di difesa o di rifugio temporaneo in quanto protetto da un visibile fossato artificiale.

Ricordo l’intervista fatta al sig.  Attilio Gasperini nei primi anni ’70 che aveva l’abitazione e il podere proprio sul bivio fra Collecchio e Villa Chiari, mi disse che durante lavori di messa a dimora di nuovi ulivi si imbatteè in una sorta di condotto d’acqua formato da due pietre sovrapposte concave al centro (5) ed alcuni muri in cotto di notevoli dimensioni. Mi fece notare oltretutto una “colonna” in arenaria piantata a terra (foto 4) a mò di capofila di una siepe di cipressi tutt’ora presente nella proprietà della  Villa ex Marchetti che a suo dire proviene dallo scavo per la fondazione del muro a retta del nuovo assetto stradale eseguito nei primi anni sessanta proprio di fronte alla villa. Il reperto misura cm. 190 di altezza emergente dal suolo e la circonferenza massima è di cm. 83.

Con queste brevi notizie desidero porre l’attenzione su questa località che desta molteplici interrogativi che in molti e da alcuni secoli  ha suscitato ragionamenti ipotetici ma  che solo indagini approfondite basate su prove certe possono dare una risposta sull’origine di Pescia o Cappella in epoca romana o addirittura etrusca. E’ piuttosto irresoluto descrivere muraglie di conci quadrati, conci che fra l’altro si trovano riutilizzati e inglobati nelle mura delle vicine ville ed in questo contesto non si possono definire di origine romana ma romanica si. L’esistenza in epoca medievale di un villaggio in località Cappella è scontato ma questo suo appellativo presente fra i nostri più antichi documenti dà adito, si,  a molteplici congetture. Come non pensare che villa Guardatoia non fosse in origine un punto di avvistamento e di difesa (il toponimo e i proiettili da fionda lo fanno intuire) per un villaggio “cieco” ma non molto difendibile, raggiungibile con un  percorso stradale che proveniva direttamente dalla direttrice principale (interrotto nell’800 dalla ferrovia) che collegava  Firenze a Lucca, a poca distanza dai  due ponti sulla Pescia quello nei pressi dell’ospitale di S. Allucio (foto n. 5, CArtografie STOriche REgionali. Disegno del fiume Pescia di Pescia 1540-1600,  particolare con l’indicazione “vestigia di ponte murato”) e quello sulla Dilezza. (6).

Foto di copertina – Pierre Mortier,  Pescia, Ville de Toscane à 4 Lieves de Luques, incisione , 1704 c.

 

Note:

1) Carta Archeologica della Provincia di Pistoia, Istituto Geografico Militare, Firenze, 2010,  Pe6 – Fornaci, pag. 240.

2) Francesco Tanganelli, Quando ancora non era Pescia: tra storiografia artefatta e realtà archeologica,  in Rivista di Archeologia Storia e Costume, nn. 3-4, 2015.

3) Carlo Nardini (1848-1926), studioso, bibliotecario e vicedirettore della Riccardiana di Firenze.

4) Carta Archeologica della Provincia di Pistoia, Pe24, Verruca, pag. 268.

5) Una fontana romana è segnalata fino all’inizio del ‘900 dinanzi alla Pieve di S. Piero in Campo, oggi nella proprietà privata adiacente, rappresentante (Nettuno ?) figura adagiata,  acefala, in marmo bianco.

6) Lo Statuto di Pescia del 1339, Libro V, Cap. XVI.