Dove la scienza stia andando non lo so e, personalmente, ne sono anche poco interessato. Intendo: dove stia andando il mondo, l’uomo e l’ambiente, nel prossimo futuro. 

Dato per certo che la civiltà cosidetta occidentale abbia raggiunto il suo apogeo, mi sembra chiaro che già si sia imboccata la discesa, al buio e senza freni. Infatti, ci stiamo pericolosamente avvicinando ad un traguardo che ha incuriosito, affascinato e sedotto l’uomo e la sua esistenza: l’immortalità e, con quella, l’onnipotenza!

Parole divine, poco più di ieri; mormorate nei luoghi sacri, bisbigliate nelle preghiere, lontane dalle mire terrene. Sono parole che mi fanno paura perché implicano risvolti, attese, obiettivi da far spaventare la nostra capacità intellettiva, la mia in particolare. 

Dove vuole arrivare l’uomo? Credo che la meta che si è prefissata, fino a poco tempo fa appena sussurrata, sia oggi esplicitamente dichiarata: senza nessuna paura, né rèmora o timore, lo scopo finale sia l’eternità! Se questo fosse, credo che gli scienziati che rincorrono questa utopia non potranno, né vorranno, concederla a tutti. Per primi loro, è ovvio; poi, a scendere, uomini e donne selezionati, in modo da formare un Olimpo, brutta copia di quello dell’antica Grecia.

Già il verbo “selezionare” dovrebbe far tremare i polsi: ricorda certi proclami dittatoriali ben presenti tra la gente di buona volontà. Diventare dei, questo è il loro fine. Loro, dei; noi, la massa informe, uguale, inutile: gli schiavi della razza eletta. E non ci vengano a raccontare che l’immortalità sarà distribuita a tutti! Se, nel frattempo – bontà loro – intanto cominciassero a distribuire la ricchezza, la salute, la dignità, avrebbero già fatto quello dovuto, e non sarebbe poco!

Poi, se questo futuro da orrore si realizzasse, sarebbe trasmissibile? E come? Cioè, nessuno morirà più: avremo dunque un numero chiuso, o una partecipazione all’italiana, sullo stile dei nostri concorsi statali? Saranno privilegiati i più furbi, i più raccomandati e/o i più blasonati? Perché già ora si comincia a prendere la mano “scegliendo” il figlio, non più da adottare, che sarebbe buona azione, ma da “costruire” in provetta a proprio piacere. E si ritorna alla razza pura!

Infatti, dato che fino ad oggi non esiste (ancora?) l’uomo che ha la provetta al posto dell’organo riproduttivo (ormai obsoleto?), ci si “arrangia” col contenuto della stessa, lasciato da un anonimo, ma con caratteristiche ben precise. Quindi, lo si può scegliere maschio-femmina, alto-basso, biondo-moro, nero-bianco, e vai con la fantasia! Eccoci così avviati alla superrazza per cui, chi potrà si dedicherà al “bricolage” genetico, una sorta di fai-da-te, dopo aver fatto la spesa nei supermarkets attrezzati all’uopo.

E’ una sfida che mi lascia perplesso, attonito e sgomento. Non riesco, nel mio io, nel mio piccolo mondo, con le mie usanze, antichi costumi ed abitudini, a concepire lo scopo, il fine. Si può controbattere che l’uomo non fu creato per “… viver come un bruto ma per seguir vertute e canoscenza …”. Allora, ben venga la “canoscenza” dantesca, ma quale sarebbe la “vertute” di questi novelli Promotei? Oppure, Dante intendeva che la conoscenza non può essere disgiunta dalla virtù?

E cos’è, in definitiva, la virtù? Una disposizione d’animo volta al bene: un uomo virtuoso; un concetto, un pensiero, una mente virtuosa. Da qui, ritengo questa fosse l’idea dantesca di scoprire, nei limiti imposti all’uomo. Oltre, l’Onnipotente, astratto sì, ma intoccabile, incomprensibile, inarrivabile. Magari sto esprimendo concetti teologici con i quali ho scarsa confidenza, e quindi anche contestabili, se non errati. Ma cerco di esprimere il mio pensiero sull’immortalità attraverso le mie misere forze e conoscenze.

Sarà il mio retaggio, ma trovo difficile accettare una personale immortalità su questa “valle di lacrime”. Già vedo parenti, amici e conoscenti che, al solo pensiero, sbotterebbero in un “Ma che cavolo ci sta a fare? Non ha fatto abbastanza danni?”. Oppure: “Ma chi si crede di essere?”. Infine: “Vedrai che s’annoia, tranquilli!” Già, così sarebbe. Poi, come organizzerei la mia immortalità? E, fermi tutti, a quale età? Eh, sì, perché se diventassi immortale a 70-80 anni, e lì rimanessi, ci sarà pure da divertirsi, ma gli acciacchi sarebbero quelli!

Alt: immortale a 30 anni, vuoi mettere! Trenta per tremila secoli, salvo spiccioli! La mente vacilla perché da una parte ne sarei profondamente lusingato; dall’altra, un po’ sconcertato. M’immagino, tutti gli anni, per il compleanno, sentirsi ripetere: “Ma come li porti bene!”, all’infinito, come Dorian Gray. Una noia mortale! Pardon, una noia immortale! Mi sono sfogato. E’ una mattinata grigia e fredda qui, in capanna. Ho vissuto fino ad oggi con gli alti e bassi di quasi tutti; poteva andar meglio, certe volte; in altre, sono stato fortunato. Una vita, senza falsa modestia, vissuta quasi pienamente, e che credo – spero – mi riservi ancora qualche sorpresa. Altrimenti, mi sentirei un pollo d’allevamento, e questo veramente non l’accetterei.

Saremo tutti uguali, ed immortali. Grazie, io non parteciperò: fate voi. E poi stasera c’è “Frankestein Junior” alla TV: non posso perdere un film così speciale, divertente, lungimirante. E se tutto quello che ho scritto sul nostro futuro, più o meno prossimo, rimanesse soffocato da una risata spaziale?

Franco Corsetti