Sempre più si parla di dipendenza da smartphone e videogiochi, un fenomeno che trova riscontro nelle frequenti richieste di sostegno terapeutico per bambini, adolescenti ma anche genitori. Già in una ricerca pubblicata sull’ International Journal of Mental Health and Addiction nel 2019 si evidenziava una correlazione forte tra l’utilizzo precoce e la sovraesposizione di dispositivi tecnologici con ripercussioni sullo sviluppo come:

  • calo degli apprendimenti 
  • difficoltà nella memorizzazione 
  • aumento nell’assunzione di rischio e calo della capacità riflessiva e percettiva 
  • disturbi dell’attenzione 
  • effetti negativi sullo sviluppo emotivo. 

Successivamente la pandemia ha incoraggiato un incremento dell’uso dei dispositivi digitali e delle connessioni on-line, sicuramente positive per molti aspetti, ma negative se guardiamo in sè al contatto tra le persone. Non è superfluo sottolineare che le relazioni interpersonali sono altra cosa dalle connessioni: essere connessi on-line non è esattamente “essere in relazione”. La relazione in presenza rende possibile le Esperienze di Base del Sé del Contatto, del Sentirsi, del Percepire l’altro e della Forza, esperienze preziosissime per la persona. 

Non è l’utilizzo in sè di device da parte dei bambini o dei ragazzi ad essere dannoso, ma l’uso eccessivo, precoce e non affiancato dagli adulti, che li distoglie dallo stare in relazione con gli altri e con sé stessi, finendo così per impoverirli del tempo dedicato a quella parte fondamentale dello sviluppo del Sé che passa per le relazioni tra esseri umani. Un’indagine sulle dipendenze tecnologiche, condotta nel 2022 dall’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo (Di.Te) in collaborazione con la Sipec, la Società Italiana di Pediatria Condivisa, che ha coinvolto 198 pediatri sul territorio nazionale e 13.049 persone, tra cui genitori, adolescenti, pre-adolescenti e bambini di età tra gli 0 e 14 anni, sottolinea come il 56% dei bambini dai 9 ai 12 anni abbia reazioni esagerate quando gli si chiede di disconnettersi, percentuale che in pre-adolescenza diviene del 77%. 

Inoltre, il 55% dei bambini direbbe di annoiarsi senza lo smartphone tanto da preferire il restare connesso piuttosto che l’uscire di casa. Questo è per i genitori molto complesso da gestire; oltre che essere un segnale di inizio di dipendenza patologica. Si parla molto, infatti, del fenomeno adolescenziale conosciuto come “Hikikomoriche riguarda il ritirarsi nella propria camera ed evitare qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, anche con i familiari. Spesso coloro che presentano un rischio maggiore sono quei ragazzi che dichiarano di avere difficoltà a parlare con i propri genitori. L’intervento terapeutico da privilegiare è quello che ha come obiettivo principale abbattere i muri del ritiro e del silenzio per favorire l’incontro tra generazioni, cioè tra genitori e figli. E’ necessario creare un nuovo modo di comunicare, diverso da quello utilizzato fino a quel momento, in cui emozioni e vissuti escono allo scoperto. 

Sempre secondo tale indagine, il 50% dei bambini usa lo smartphone prima dei due anni, il 20% anche prima dell’anno. Il 60% dei bambini da zero a quattro anni sono spesso intrattenuti da device al ristorante, a tavola, prima di dormire o quando sono stanchi e agitati. In più, dai 4 ai 9 anni la percentuale diventa l’88%. Dai 9 ai 12 anni il 61,7% di bambini prima di addormentarsi utilizza lo smartphone. 

Quali sono le indicazioni che, come psicoterapeuta, mi sento di dare? Occorre partire dalla definizione dei parametri del buon uso, definizione niente affatto scontata e condivisa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dà qualche indicazione:

Ogni utilizzo di dispositivi digitali prima dei due anni risulta essere una sovraesposizione dannosa per lo sviluppo.

Dai due ai quattro anni il tempo massimo di esposizione dovrebbe non superare l’ora nell’arco della giornata.

Per i bambini dai 5 anni in su l’indicazione è che il tempo di esposizione al digitale non debba superare il tempo di relazione con i pari.

Inoltre, mi sento di ribadire l’importanza della presenza dell’adulto che dovrebbe essere accanto ai bambini nell’accesso ad internet e nell’uso delle tecnologie digitali, videogiochi compresi, in modo da vigilare sulla qualità dei contenuti che dovrebbero essere adeguati all’età dei bambini. Spesso infatti sono proprio i genitori a rendere accessibili contenuti non adatti all’età, così come sono gli stessi genitori ad utilizzare i figli sui social per pubblicare video su TikTok. 

Il primo passo è incoraggiare e aiutare gli adulti a monitorare, contenere e guidare l’accesso ad internet dei figli. In termini operativi significa aiutare i genitori ad essere Attenti, Consistenti e Assertivi per poterlo poi essere con i figli. Si possono proporre tecniche per rafforzare l’autorevolezza poichè sappiamo bene come di fronte alle attrattive del virtuale, occorre essere più attenti e più consistenti del normale. Una buona pratica da suggerire ai genitori è di scegliere di non portare il cellulare a tavola e ogni tanto spegnere il telefono, sia genitori che figli, così da dedicarsi del tempo di qualità. L’indicazione deve essere anche di monitorare sé stessi rispetto all’uso del virtuale! E’ necessario porre attenzione all’ambiente di sviluppo. Un ulteriore dato dell’indagine sopra menzionata che mi preme sottolineare è che risulta come il 54% delle madri dichiari di usare lo smartphone durante l’allattamento. Ecco, vorrei fare una riflessione su questo aspetto, troppo spesso banalizzato; la mamma, assorta dallo smartphone, semplicemente non può dirsi in contatto pieno con il neonato, perchè non interagisce con lui/lei dato che diminuisce l’interazione faccia a faccia e la qualità stessa di tale contatto. La prima relazione che si instaura tra madre e figlio va oltre quella del nutrimento. 

La tecnologia è presente in ogni situazione della vita da quando ci svegliamo a quando andiamo a dormire, dai pasti al tempo libero e risponde sempre più a bisogni e abitudini, ma ciò che viene sottovalutato è come questo modo di fare sia spesso inconsapevole e banalizzato. Un uso sempre più eccessivo e precoce può avere conseguenze negative sul piano psicologico e sociale di bambini e ragazzi e grande attenzione va posta al contesto familiare; i ragazzi purtroppo possono rifugiarsi nel mondo virtuale per sentire di appartenere effettivamente a un contesto fatto di emozioni e di condivisione che nella realtà gli manca.

Se vuoi approfondire la tematica:

Francesca Bartolomei, Psicoterapeuta.

email: francescabartolomeipsi@gmail.com

Collodi, presso il Centro Agàpe in via S.Martino

Traversagna, in via Calderaio 4 (Massa e Cozzile)