25 anni… 5 lustri… un quarto di secolo… mi prende in contropiede la consapevolezza del “compleanno” del Cittadino. Mi pare che ci sia sempre stato, come l’alternanza del giorno e la notte. Un dato acquisito insomma. La mente rimuove lo scorrere degli anni, per una sorta di autotutela, un ancestrale istinto di conservazione, una pillola per la serenità. “La felicità…? Un attimo di dimenticanza”. Parole del Principe Antonio De Curtis, intrise della saggezza e della malinconia profonda, di cui solo i grandi comici sono capaci.

Lo cercai io Sergio, con la consueta spina di supponenza che mi punge quando non vengo cercato per qualcosa di cui mi sento capace. Se mi avesse chiamato Lui, magari avrei declinato l’invito, affettando quel pizzico di atteggiamento snob che riservo alle imprese ritenute facili. Mi arruolò subito, ed esordii con un pezzo dedicato alla condanna passata in giudicato di Adriano Sofri. Da allora, mese dopo mese ebbi lo spazio per esternare paturnie e lepidezze, umori e malumori, legati alle vicende della vita privata e pubblica. “Mi garba un fottio”, se ero stato ligio al “politically correct”, oppure un franco “Io boia”, se l’avevo fatta fuori dal vaso. Ma un rigo che è un rigo mai venne cassato. E per Natale, veniva a casa mia, che un dì fu la sua, e mi portava un libro. Senza cerimonie, un gradito e muto ringraziamento per qualcosa che avrei invece pagato per fare.

Usavo la mitica lettera 22, e sfornavo dei palinsesti talora indecifrabili, che lasciavo nella cassetta della posta di via Kennedy. Guardate, che questo non vuol essere l’agiografia di un’epoca, che pure durò a lungo, finchè non mi stancai, o come direbbe qualcuno “perché un n’aveo più voglia”. L’alchimia della mente umana è complessa, e male si adatta all’univoca interpretazione dei segni. Anche questo pezzo, apparentemente apologetico nei confronti de Il Cittadino, in realtà vuol essere una riflessione sul tempo, e su me stesso, sul mio vissuto, e perché no, su quanta sabbia sia rimasta nella parte superiore della clessidra.

In biblioteca, dove periodicamente mi approvvigiono a causa della mia bulimica fame di lettura, una persona mi ha recentemente detto. “Sei quasi rimasto solo del gruppo storico della DC”. …Carlo, Arturo, Foffo, Sergio appunto, che mi convinse a salire le scale del Partito, non ci sono più. Perché Fugit Irreparabile Tempus, in memoria di un segmento di vita in cui si pensava che quei giorni formidabili fossero la naturale conseguenza dello stare insieme. E che assurdamente fossero destinati a durare per sempre. Il Tempo, attimi di dimenticanza a parte, ti insegna invece che si tratta di lampi, e come la vita sia fatta di momenti, che in quanto tali sono destinati a svanire. La memoria è una maledizione, una condanna che serve però ad apprezzare il valore delle cose da non perdere, da ricordare perché non torneranno più, e quindi per evitare di essere stati felici senza rendersene conto.