Umberto Cecchi, già onorevole della Repubblica, giornalista e scrittore, già direttore del quotidiano La Nazione ci ha rilasciato nell’intervista che segue una sua valutazione sui tempi di questa pandemia.

 On. Cecchi, si è dato una spiegazione all’impressionante diffusione del coronavirus?
Non sono un virologo, ma l’impressione è che sia un virus creato in laboratorio e studiato per essere il conduttore da abbinare a una o più patologie, sfuggito alla gestione dell’uomo.

Sono individuabili i diffusori principali di questo Covid 19?
Basta sapere e voler cercare. Ho visto anni fa, su un’isola del lago d’Aral un deposito ricco di contenitori di virus letali, prodotti dagli scienziati sovietici e poi abbandonati li in contenitori d’acciaio. E’ sufficiente allungare le mani e un po’ di dollari per portarseli a casa.

E’ pronosticabile la durata di questa influenza?
Più o meno lo è, ha un andamento infettivo molto rapido e procede, come altri virus di questo tipo, a pause e successive riprese spesso più virulente.

Secondo lei, a quali speranze dobbiamo ricorrere per uscirne definitivamente?
L’importante è che i cosiddetti esperti, che all’inizio si sono trovati nel buio completo, e tutto era coronavirus, anche un raffreddore, si siano fatti finalmente un’idea della cura da seguire. E se fosse semplicemente cortisone e antibiotici?

In che misura potrebbe essere efficace l’iniezione degli anticorpi presenti nel sangue delle persone infettate dal coronavirus e poi guariti?
Un vaccino è sempre un grande aiuto, ma significa inoculare una malattia, sia pur attenuata, in un individuo sano. C’è ancora una gran confusione di idee su cosa fare, ma allo stato delle cose pare l’unico provvedimento. Meglio vaccinati che curati come si è fatto fino a oggi. Il problema sarà la corsa ai vaccini.