Il 12 maggio 1995 fu ritrovato il corpo senza vita della cantautrice Mia Martini.

A venticinque anni dalla scomparsa, il nostro giornale rende omaggio a lei, che aveva raggiunto una popolarità impensabile e grandi successi in numerose parti del mondo, con una singolare intervista rilasciataci dalla cantante Laura Landi, voce inconfondibile della nostra musica leggera italiana, corista di Mia Martini e più volte presente al Festival di San Remo.

Cosa ha significato Mia Martini per la canzone italiana?

Mia Martini è la più grande artista che abbiamo avuto in Italia, perché accomunava voce bellissima, personalità, modernità, cuore e tecnica, anche dopo la brutta esperienza dei noduli che le modificarono il timbro vocale, limitando anche un po’ la sua estensione rispetto a prima. Il rock e il blues inglese e americano uniti alla sua mediterraneità.

Cosa la rendeva una protagonista di assoluto prestigio?
R. Era un diamante grezzo, talmente ricca di personalità da passare dal jazz alla canzone napoletana rimanendo sempre lei. Con in più un’esplosione di sentimenti in ciascuna nota emettesse, dalla più lieve alla più potente. Nel suo canto, ogni parola ha un significato profondo e lo si capirebbe anche se non parlassimo la stessa lingua.

In quale delle sue canzoni emergeva meglio la sua personalità artistica?
R. E’ difficile indicarne una, proprio perchè lei era “personalità” in tutto. Tra i miei preferiti “Piccolo uomo” e “E non finisce mica il cielo”.

La canzone “Minuetto” ha quasi 50 anni. Sopravvive per il valore musicale in sé o per l’interpretazione di Mia Martini?
R. Minuettoè una bellissima canzone e l’interpretazione di Mimì la rende unica.

Ci racconti un aneddoto su Mia Martini che ricorda particolarmente.
R. Ho un ricordo molto emozionante durante un breve incontro che ebbi con Mia Martini, in auto con l’arrangiatore Marco Falagiani. Quando entrò in macchina e mi vide (mi ero seduta sul sedile posteriore), mi guardò male, come dire “chi è questa e che vuole?”. Marco Falagiani si affrettò a presentarmi dicendo, che oltre ad essere una cantante, ero parte del team di coristi del suo album “Lacrime”. A quel punto si illuminò e mi fece dei complimenti bellissimi, dicendo che i nostri erano stati i più bei cori che le avessero mai fatto. Lo asserì con entusiasmo, non mi sembrava vero e mi sciolsi subito dall’imbarazzo dicendole che lei per me era la più grande. Ancora oggi mi commuovo ogni volta che ripenso a quei momenti… .

Nelle sue partecipazioni al Festival di San Remo avrebbe potuto meritare di più?
R. Sicuramente, per i brani “E non finisce mica il cielo”, “Almeno tu nell’universo”, “Gli uomini non cambiano”, meritava la vittoria.

Laura Landi, a parer suo, Mia Martini era una persona che poteva celare una certa infelicità?
R. Direi che non la celasse affatto, era molto evidente che stesse sulla difensiva per proteggersi dalla cattiveria. Testimonianze ormai accertate di amici, parenti e colleghi hanno riportato tanti episodi dolorosi della sua vita.

Come spiega le numerose dicerie e la tanta cattiveria nei suoi confronti?
R. Non era diplomatica e un disaccordo di opinioni con una sola persona cattiva che la diffamasse poteva bastare in un ambiente in cui la superstizione colpisce una grande quantità di persone, fragili e ignoranti.

Quale è stato il momento più difficile di Mia Martini?
R. Posso supporre la perdita di un grande amore in un momento di difficoltà professionale, circondata dalle calunnie. Più di questo cosa può esserci?

Ancora oggi la morte di Mia Martini costituisce un mistero. Che idea si è fatta?
R. Penso che rispecchi ciò che ha dovuto sopportare su di sé per tutta la vita. Vittima di calunnia, di ingiustizia. Possiamo solo onorare la sua memoria celebrando la sua grandezza artistica, almeno adesso.

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