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Pistoiese, 40 anni fa il balzo in serie A. Borgo, “apoteosi di un gruppo unico” | intervista di Carlo Pellegrini

L’8 giugno 1980, la Pistoiese è promossa per la prima volta in serie A. Sono già trascorsi quarant’anni. In questa nostra intervista, l’inconfondibile capitano arancione, Sergio Borgo, ripercorre quella eroica e sorprendente “avventura”
ancora presente nel cuore di molti tifosi pistoiesi.

D.Cosa ricorda della partita Pistoiese-Parma dell’8 giugno 1980 che, in definitiva, sancì la storica promozione in serie A della Pistoiese guidata dall’allenatore Enzo Riccomini?
R.Non disputai le ultime partite di quel campionato straordinario perché, a marzo, mi ero procurato una distorsione e uno stiramento al collaterale. Ho assistito, però, all’apoteosi della promozione in serie A allo stadio e in città.

D.Quali furono, a suo avviso, i protagonisti di quella promozione?
R.La protagonista in assoluto fu la “struttura”. Quella promozione fu una testimonianza calcistica esemplare: un grande presidente, Marcello Melani, al quale è stato dedicato lo stadio comunale di Pistoia; c’era un direttore sportivo straordinario come Claudio Nassi, un uomo che conosceva molto bene il calcio; poi l’allenatore Enzo Riccomini, che, nella sua arguzia, dimostrava grande intelligenza. Anche Antonio Pagni fu una risorsa importantissima. Poi, certo, contarono i giocatori appositamente scelti, come Fabrizio Berni, Francesco Guidolin, Mario Frustalupi e Giorgio Rognoni; quest’ultimi due in particolare, due icone del Calcio degli anni Settanta.

D.Giunsero a Pistoia: Roberto Badiani, ex Lazio Sampdoria e Napoli, due giovani promettenti del calcio italiano come Andrea Agostinelli e Paolo Benedetti e un brasiliano sconosciuto come Luis Silvio… sotto la guida del neo allenatore Lido Vieri…
R.Era una “progressione”, ovvero un “sistema” maturato di anno in anno, volto a diminuire errori e a migliorare costantemente. Badiani, Agostinelli e Benedetti hanno consolidato un micro cosmo che aveva generato la promozione in serie A, e che poi si rivelò storico perché, almeno fino ad oggi, quella è stata l’unica promozione nella massima serie.

D.Come avvenne la preparazione estiva al campionato di serie A 1980/81?
R.Lido Vieri era un personaggio di grande spessore, ermetico quanto può esserlo un portiere, e, al tempo stesso, attento e sensibile; secondo me è stato l’antesignano della formazione dei portieri. Aveva schemi elementari ma efficacissimi e volti all’antropologia calcistica. Questi schemi li aveva adottati in un sistema tattico, ma forse non erano ancora maturi. E’ stato straordinario nel ruolo di preparatore dei portieri e un po’ meno da allenatore. E forse questo ha creato qualche difficoltà durante il campionato; lo dico senza togliere niente ai meriti di Lido, che è una persona che ho nel cuore. La preparazione svolta a Pian di Novello forse risentì un pochino della mancanza di esperienza di Lido Vieri, ma fu poi colmata dall’arrivo di Edmondo Fabbri.

D.Ricorda la formazione?
R.Si (sorride n.d.r). Mascella, Zagano, Borgo, Benedetti, Berni, Lippi, Badiani, Agostinelli, Rognoni, Frustalupi, Chimenti. Anche se veniva spesso impiegato Mauro Bellugi. La definivano “il cimitero degli elefanti”, ma non era così. La certezza l’avevamo nel dna.

D.Nel girone di andata la Pistoiese evidenziò buon gioco e risultati lusinghieri…
R.Sicuramente. Abbiamo perso quel filo conduttore quando fummo sconfitti in casa dalla Roma per 4 a 1 il 25 gennaio 1981. Ricordo molto bene quella partita incredibile. Luciano Spinosi insultava i suoi compagni di squadra perché in dieci contro undici lì avevamo chiusi. Chimenti sbagliò un rigore, io feci un autorete… e da quella partita in poi, alla quale seguirmi degli infortuni, non riuscimmo a proseguire una marcia che ci aveva portato nei primi cinque posti della classifica.

D.Cosa accadde nel girone di ritorno? E cosa non funzionò?
R.Non avevamo una rosa vasta, e quindi per il nostro gioco non poteva mancare nessuno dei titolari. Gli infortuni di Mario Frustalupi e di Giorgio Rognoni furono perciò determinanti per il girone di ritorno. Avevamo anche dei giovani ragazzi volenterosi, come Giuseppe Catalano e Stefano Di Lucia, ma non potevano sostituire Frustalupi e Rognoni che erano i cardini del gioco ed erano dotati di grandi capacità tecniche.

D.Quale partita, soprattutto, non potrà mai dimenticare?
R.Penso che tutti abbiamo nel cuore la vittoria a Firenze, che fu la “consacrazione” della Pistoiese. Avevamo vinto a Catanzaro e la seconda vittoria consecutiva in trasferta a Firenze ci dette una dimensione più amplificata. Quella vittoria della Pistoiese sulla Fiorentina aveva consegnata una nuova statura alla Pistoiese, non solo a Rognoni e a Badiani che fecero goal, la consapevolezza di non essere degnamente in serie A, a livello massimo del livello del Calcio. Purtroppo, subito dopo ci fu la partita con la Roma, con la quale, ripeto, iniziò il nostro declino… Però le due partite vinte in trasferta ci avevano mostrato quanto potevamo valere.

D.Pensa che se fosse stato confermato l’allenatore Enzo Riccomini al vertice della squadra in serie A la Pistoiese avrebbe centrato la salvezza?
R.In quell’annata perdemmo Claudio Nassi ed Enzo Riccomini; il nostro grande presidente, Marcello Melani, viveva una parabola discendente, anche in termini economici,. Insomma, finiva una progressione. Stava finendo una “struttura” messa su negli anni. E’ questo che in definitiva è mancato… Riccomini era un grande stratega, ma non poteva bastare per mantenere la Pistoiese in serie A.

D.Nella rosa arancione figurava anche Marcello Lippi. Avrebbe mai pensato che diventasse un giorno anche il commissario tecnico della Nazionale di Calcio e il vincitore del Campionato del mondo 2006?
R.Rivendico di essere stato il primo a dire a Marcello: “tu sei adatto a fare l’allenatore”. Nel 1985, quando lasciai la Pistoiese per giocare ancora altri tre anni nello Spezia, mi fu chiesto dai dirigenti della Carrarese chi poteva essere un allenatore adatto. Ed io pensai che soltanto Marcello Lippi poteva essere l’allenatore giusto.
Già quando giocavamo insieme, ripeto, gli dicevo che sarebbe stato un buon allenatore. Marcello è una goccia che scava nella pietra non è un martello che rompe la pietra. E’ una persona di grande valore.

D.In cosa si distingueva il grande presidente Marcello Melani?
R.Per Marcello Melani vale il detto toscano “E’ come invitare un matto alle sassate”. Era un istrione illuminato, con una sorta di capacità da veggente per intuire il valore di chi poteva essere adatto ai suoi progetti. Sapeva interpretare con la giusta dimensione quella parte istrionica, quella parte da seduttore di folle, e lo faceva con grande teatralità, ma sempre senza apparire un clown. Non era un guitto, era un attore nato, che sapeva interpretare un ruolo drammatico e, nello stesso tempo, sapeva essere istrionico e seduttivo. Queste erano le sue qualità.

D.Cosa significa per lei aver indossato la maglia arancione dal 1976 al 1985 e chiudere con il Calcio nella Pistoiese al termine del Campionato 1989/90?
R.Ho interpretato la vita dando sempre tutto ciò di cui ero capace, trasmettendo le mie emozioni e senza mai risparmiare. A Pistoia ho vissuto anni memorabili e sto aspettando di partecipare ai festeggiamenti del centenario della Pistoiese (2021)…

D.Borgo, lei 40 anni dopo è ancora la bandiera del calcio pistoiese, un po’ come Giancarlo Antognoni a Firenze. Come lo spiega?
R.A Pistoia ho vissuto nove anni consecutivi, per poi concludervi nel 1990 la mia carriera nel calcio giocato. Ricordo con entusiasmo la promozione dal Campionato Interregionale fino agli alti livelli. Non avevo la caratura tecnica di Giancarlo Antognoni, ma credo di avere avuto un mio stile personale distinguibile. Sono nato nella campagna cremonese e mi sono sentito un servo della gleba, poi pentito e redento, ma non ho mai perso il senso di appartenenza alla mia terra di origine. Pistoia è anche la città delle piante, un luogo in cui è preminente perciò la cultura della terra, un sentimento radicato in me e del quale ho sempre avuto piena consapevolezza. Ho sempre dato un risultato, come la terra dona i suoi frutti. Per questo mi sento simile alla Pistoiese.