Un breve tratto di strada che mette in collegamento piazza Carlo Anzilotti con via Angelo Simonetti – siamo proprio nel cuore del quartiere del duomo – porta il nome di un pesciatino illustre, non molto conosciuto: Pompeo della Barba.

 

Nasce a Pescia nel 1521 da Lucrezia Spilletti e da Bartolomeo, un medico originario della Lunigiana.

 

Sotto la guida del filosofo e medico napoletano Simone Porzio, Pompeo compì i propri studi presso l’ateneo di Pisa, dove, in un periodo che possiamo collocare tra il 1543 ed il 1548, ottenne la licenza in Medicina.

 

In quest’ultimo anno tenne presso l’Accademia fiorentina due lezioni – che saranno pubblicate l’anno successivo – inerenti alla questione dell’anima ed il corpo secondo la teoria platonica ed aristotelica. Il testo risente fortemente della lettura di Ficino, Pomponazzi, oltre di Petrarca e Dante ed ovviamente Platone ed Aristotele.

 

È merito dei fratelli Della Barba – Pompeo e Simone – e del canonico Turino Turini avere sollecitata la venuta a Pescia del celebre tipografo olandese Lorenzo Torrentino (Laurens van den Bleeck), testimoniato qui dopo il 1533.

Nel 1557 pubblicò i Due primi dialoghi, dove il Della Barba discute della natura – tra l’altro fa cenno pure ai bagni di Montecatini – e se siano di maggior valore le armi o le lettere, opera che il Santo Uffizio avrebbe condannata nel 1564.

 

Nel 1559 Pio IV lo volle a Roma come medico personale, prestigioso incarico che Pompeo tenne fino alla morte del papa, avvenuta nel 1565.

Tornato nella sua Pescia, continuò l’attività di medico, prendendo parte anche alla vita pubblica. Morì sessantunenne nel 1582.