Cala in sipario, la commedia è finita, abbiamo il Presidente.

In realtà non è stata una commedia, è stata una farsa, con un grave difetto: non faceva ridere.

Si è capito subito di cosa si trattava e in pochi hanno continuato a seguire la stanca liturgia che sapeva di muffa e di stantio. Un piccolo esercito di cosiddetti cronisti, ringalluzzito e pimpante perché poteva raccontare il nulla di quell’evento, riempiva così il vuoto dei canali TV.

Questi imbonitori da mercato rionale, che si muovono a comando, parlando di cose che spesso nemmeno capiscono, sfringuellavano da un onorevole ad un altro, personaggi che in comune avevano la loro insignificanza.

I peggiori erano i commentatori, un’accozzaglia di stravaganti, che strillando e litigando tra loro si parlavano addosso rimbalzando da un canale all’altro. Solo due o tre cercavano di far emergere la loro professionalità, inutilmente, come accade nei bar popolati da avventori sbronzi.

 

Apparivano in rapida successione i leader dei partiti, chiedo scusa, dovrei dire i capi branco e spiegavano che erano quasi giunti alla individuazione di uno “super partes”. Scomodavano anche il latino per darsi un tono.

E quando mai si è visto un Presidente che fosse targato super partes? Tutti provengono da una ben individuabile frazione politica o economica. Casomai avrebbero dovuto dire che cercavano chi garantisse di esercitare il potere nell’interesse e nel rispetto di tutti.

È risaputo che i Presidenti sono stati tutti impeccabili e perfetti. Naturalmente non è vero. Accade come nei cimiteri dove tutti i defunti sono stati bravissime persone, padri di famiglia esemplari e cittadini di specchiate virtù. Ma i disonesti e i farabutti dove li mettono?

I capocomici si alternavano ai microfoni, imbavagliati dalla mascherina. Meno male, così ci siamo risparmiati la visione di buona parte quelle facce impresentabili che blateravano di confronti e di alleanze granitiche. Ovviamente, come si è visto, era tutto fasullo come avviene al gioco delle tre carte.

 

In realtà volevano marcare il territorio, come fanno i nostri amici pelosi, dovevano far vedere che esistevano.

 

C’era chi proponeva persone rispettabilissime, di elevate qualità e c’era chi in modo palese o in maniera occulta giocava ad eliminarle. Ne sono state macinate almeno una decina.

 

Finalmente, incapaci di risolvere un problema che conoscevano da sette anni, felici e giulivi son dovuti ricorrere al vecchio capo, che è probabile desiderasse dedicarsi a fare qualcos’altro di meno incasinato.

Quello che la schiera dei petulanti e a pagamento commentatori televisivi da osteria non diceva, era che lo scopo unico degli onorevoli parlamentari non era quello di trovare la persona giusta da eleggere Presidente. Lo scopo vero era quello di garantirsi la permanenza fino a fine legislatura su quelli scranni che valgono, più o meno, ventimila euro al mese. Tutti erano e sono consapevoli che alle prossime elezioni politiche del 2023 di loro ne resterà, se va bene, il 30%.

Qualche cosa di positivo però la commedia di questi giorni l’ha messa in luce.

Ora è a tutti evidente che i partiti politici non esistono più. Si sono pian piano logorati, consumati e inquinati, tanto da diventare quasi indistinguibili e indifferenziabili.

 

Hanno fatto finta di esistere per manifestarsi, in questo ultimo atto, per quello che sono: associazioni che hanno lo scopo di garantirsi benefici e privilegi, approfittando il più possibile di questo sistema partorito da una democrazia malata, ovviamente a danno di altri.

 

Il partito politico dovrebbe avere un ben definito progetto di società, fondato su principi condivisi e irrinunciabili, con una accettata e riconosciuta disciplina, alla quale gli iscritti dovrebbero soggiacere.

 

Vale a dire: tutto il contrario di quel che accade oggi.

 

Naturalmente sto facendo discorsi da osteria, ma visto che dalla TV sono sommerso da cantanti bolsi, attori inciucchiti, scrittori che nessuno legge, giornalisti a gettone, che mi spiegano quello che loro non hanno mai capito, mi sento anch’io autorizzato ad affiancarli.

 

A differenza di loro però, manifesto un libero pensiero su un libero giornale.