E’ tanto tempo, troppo, che non vado a Firenze. Impegni ed indolenza me l’hanno allontanata. Usare la macchina? Il traffico è diventato insostenibile, così come il prezzo del parcheggio; dunque, treno, poco pulito, mal frequentato e che ti obbliga ad orari rigidi, stretti, troppo. Non vado più a Firenze per tutto questo e, se mi capitasse (spero), non sono più disposto a rivedere i suoi monumenti e musei più belli, conosciuti, ormai patrimonio mondiale. Vedere greggi umane a naso in su, dietro un ombrellino colorato, lo trovo segno di un turismo massificato e superficiale. Queste visite non fanno più per me; oggi, quando potrò, solo due i motivi che mi spingeranno? rivedere, di fuori, i luoghi e gli edifici in cui ho avuto esperienze di vita; e scoprire i particolari nascosti della città, per ritrovarne la sua anima.

Rivedere i luoghi di fuori perche ormai tutto è cambiato, e sarebbe esercizio inutile ricordare come erano allora. Solo uno sguardo, o poco di più, mentre scorrono volti che hanno fatto parte del mio passato, e che ancora ricordo. E’ il piccolo tesoro di ognuno di noi quando si guarda indietro dopo aver raggiunto una certa età. I particolari, invece, sono entrati a far parte della mia ricerca proprio per ricostruire quella, città che mi sembra di ricordare molto diversa, più vivace, affabile, di quella di oggi. Non tanto per gli abitanti, ma per la sua Storia, quella intima, quella profonda che, con le sue opere d’arte, le hanno consegnato un posto fisso nell’evoluzione del genio umano, ma le hanno tolto il suo senso di appartenenza popolare: Firenze è del mondo, non dei fiorentini.

In questa ricerca si esalta, quel lato di me che qualcuno considera non positivo: la solitudine. Ricerca che faccio da solo, o con pochi, pochissimi amici ai quali mi sento legato. E non è importante dimostrare con loro di essere erudito (e non lo sono): importante è condividere con loro il piacere della scoperta, della sorpresa di un piccolo dettaglio, trascurato dalla massa turistica, impegnata a percorre chilometri senza poter riflettere, e digerire, tutto quanto la città mette in mostra. Ecco perche non mi muovo più con lo spirito di tanti anni fa; mi sento sempre più arretrato rispetto a tutto ciò che ci viene giornalmente – ora dopo ora – propinato dai mezzi di comunicazione. Non li odio, per carità, ma li subisco, e così – volontariamente – lascio scorrere il fiume in piena di questa realtà arrembante.

La mia Firenze era un’altra, c’è poco da fare: un pizzico di romanticismo; un fievole intimismo; un sorriso smagliante in una bella giornata di mezza stagione; e la melodia della sua parlata, con la classica, inimitabile gorgia, e con l’imperdibile appuntamento radiofonico domenicale co’ “Il grillo canterino”. Rimangono, come allora, la primavera e l’autunno le stagioni giuste per visitarla, e tutto dipende dalla possibilità e dalle opportunità che ognuno di noi può gestire, unite, dal sentirsi dentro, quella pace, quel desiderio di conoscere che spalancano le finestre dell’anima. Già scendendo dal treno, quanti di noi si fermano ad ammirare i due pannelli di Ottone Rosai evocanti lo spirito medievale nel vecchio buffet? E pensare che, proprio dove scendiamo, o montiamo, tanti secoli fa c’erano gli orti ed i giardini dei Domenicani di S. Maria Nuova, oggi Novella.

E per i tifosi viola, quanti sanno che lo Stadio Comunale era intitolato, nel Ventennio, a “Giovanni Berta“? La curva Fiesole è quella di casa, e da lassa, nel 59 a.C., gli Etruschi studiavano, con curiosità, la nascita della città, voluta e “fondata” da Giulio Cesare, il cui centro, incrocio tra decumano e cardo, lo si ritrova ancora oggi nella colonna dell’ Abbondanza in piazza della Repubblica. Poi. Tra la metà di aprile e quella di maggio, sotto Piazzale Michelangelo, è aperto al pubblico il Giardino dell’Iris, uno spettacolo unico, imperdibile. Tutti conoscono lo stemma cittadino di colore bianco col giglio rosso, ma chi sa leggere gli scudi affrescati in alto, sulla facciata di Palazzo Vecchio? E nella stessa piazza, chi ha cercato la lapide circolare (la “Fiorita”) dove fra’ Giacomo Savonarola fu impiccato, ed arso, il 23 maggio 1498? Purtroppo, ci muoviamo ovunque con noia, senza una spinta interiore che ci faccia capire, approfondire, apprezzare le bellezze che ci circondano. Riteniamo tutto un “déjà vu”, un già visto, grazie alla TV, al cinema, ad Internet: il mondo ai nostri piedi, senza più segreti, senza muoverci dalla poltrona; pigiamo un tasto, e riteniamo di risolvere i nostri piccoli, grandi interrogativi.

Non è così, per me. Si deve capire, toccare – quasi – ciò che l’uomo, prima di noi, ha lasciato, e che rappresenta un punto di partenza, minimo, della Storia dell’Umanità. Forse sono io che privilegio le piccole cose, quelle un po’ nascoste e trascurate. Firenze offre opere monumentali che il mondo ci invidia, ma sono diventate così comuni che non ci riscaldano più. Di contro, quanta soddisfazione ci dà scoprire la differenza, tra le Annunciazioni fiorentine da quelle senesi! Perchè nelle prime l’Angelo porge alla Madonna un giglio; nelle altre, invece, un ramoscello d’olivo. Guelfi e Ghibellini: il giglio come simbolo guelfo di Firenze, l’olivo per la ghibellina Siena, acerrimi rivali. Un particolare banale che fa la Storia, la nostra. E quanti altri ancora, a decine, per chi metta la curiosità al servizio della conoscenza!

E’ vero; Storia di ieri. Ma se non vogliamo, o possiamo, conoscerla, almeno non cancelliamola. Perche è proprio con i particolari, e attraverso quelli, che si compone l’insieme del nostro passato che, piaccia o meno, fa parte di ognuno di noi, di una città, di una Nazione, non solo ogni 150 anni. E sempre ci danno, ancora oggi, motivi di profonda meditazione.

Franco Corsetti