Sono molte le modalità per concedere ascolto e per instaurare rapporti amichevoli a chi è stato costretto a fuggire disperatamente dal proprio paese.
Il francescano padre Marco Fantappié dell’Ordine dei frati minori cappuccini e per anni assistente della Gioventù Francescana ha trasformato la sua passione calcistica in un mezzo efficace di relazione e di fraternità rivolto soprattutto ai bisognosi e ai sofferenti. 

D. Padre Marco ci racconti brevemente come è nata questa sua esperienza pastorale “calcistica”.
R. «Dopo essere stato nominato vice parroco della Parrocchia di san Francesco d’Assisi a Montecatini Terme, due mesi fa circa incontrai cinque ragazzi nel piccolo campetto della parrocchia provenienti da più paesi del Sahel. Mi salutarono subito. Essendo appassionato di calcio mi fermai a giocare con loro coinvolgendo anche un altro frate, che tra l’altro realizzò un goal».  

D. Poi cosa è accaduto?
R. «Ho recuperato il campo sportivo più grande vicino alla nostra chiesa parrocchiale con tanto di decespugliatore e con tanto tanto sudore. In pochi giorni il numero dei ragazzi è aumentato e oggi supera i trenta. Inoltre ho provveduto ad acquistargli scarpe da calcio, ben ventisette paia, con i miei piccoli risparmi». 

D. Cosa la stimola soprattutto in questo genere di pastorale?
R. «Papa Francesco ci dice due cose importanti: la prima di accogliere chi arriva in Italia con mille stenti e con un barcone; la seconda di integrare queste persone nel nostro contesto. Questo è stato davvero un regalo inaspettato di Dio. Mi sono trovato trenta figlioli tra i 15 e i 25 anni». 

D. Questi ragazzi dove alloggiano?
R. «Alloggiano a Montecatini Terme, nell’Hotel Medici in via Venezia. Fino ad oggi le spese per il loro mantenimento, cibo e vestiario, sono state sostenute dall’Hotel stesso».  

D. Non è la sua prima esperienza calcistica, vero?
R. «Assolutamente no. Anche in altre comunità dove sono vissuto ho trasmesso ai giovani la mia passione per il calcio. So giocare solo a calcio. Sono nato e cresciuto a Firenze nei pressi di Coverciano. Non so nemmeno suonare, ballare e non amo i social network. Per cui l’unico strumento che ho a mia disposizione è una palla tonda…».

D. Come si svolgono gli allenamenti?
R. «Iniziamo a giocare tutti i pomeriggi della settimana a partire dalle ore 15 (anche se i ragazzi alle ore 14 sono già presenti) e terminiamo quando non vediamo più la palla. Insomma terminiamo quando scende la notte. I miei allenamenti non prevedono l’atletica e nessun genere di riscaldamento. Si gioca soltanto con il pallone dal primo minuto all’ultimo minuto, dando fantasia a chi ha fantasia e sorrisi e amicizia a tutti. Nel campo si nota tanto agonismo, entusiasmo e correttezza. Dai ragazzi non ho mai sentito una parolaccia nemmeno in inglese. Sono ragazzi che non fumano e non bevono».  

D. Casa le trasmettono questi ragazzi?
R. «Questi ragazzi mi fanno divertire tantissimo. Sono ringiovanito di vent’anni!».  

D. Come valuta la sua squadra?
R. «Ho una squadra bellissima. Senza ambizione desidero affermare che batterci non sarà facile per nessuno. Ho dei ragazzi che dimostrano davvero grande talento, tra cui un centravanti eccezionale e un regista che possiede una visione di gioco davvero meravigliosa».

D. Di cosa necessita?
R. «Ci sono due bisogni: uno di ordine di spirituale, che è la paternità, cioè sostituire affettivamente i loro genitori che non sono qui in Italia. L’altro bisogno è quello materiale. Ai ragazzi, grazie a Dio, non manca il cibo, ma per la nostra attività sportiva abbiamo bisogno di maglie, calzini e pantaloncini per conferire l’identità di una vera e propria squadra calcistica». 

D. Quale augurio si rivolge?
R. «Innanzitutto di iniziare a disputare delle partire amichevoli e che qualche ex calciatore professionista ci venga a salutare».

Chi desidera contribuire in qualsiasi modo al progetto di padre Marco può telefonargli al numero 338 1546987