Ci sarebbero tante cose da dire, ma ho poco tempo per descrivere ciò che è successo ieri notte. 

Vi dirò solo che la vidi lì per la prima volta. 

Sono sicura come la morte che non fosse per lei la prima volta. Anche se non ho elementi precisi per andare oltre con le ipotesi che mi feci in quel preciso momento che la vidi lì, in piedi ad aspettare chi sa chi. Resta il fatto che lei era lì.  

Io ero in macchina con Romina. Insieme con la sua moglie Adele sono andate un mese fa in Spagna e Romina adesso è in attesa di un bambino che chiameranno Fabrizio in mio onore, ma io non ci credo. Credo piuttosto che lo chiameranno così per via di Fabrizio de Andrè, che Adele ama più di sé stessa e di Romina e di me.

Romina, che ha due occhi azzurri che sembra averli rubati ad un gioielliere, mi stava riportando a casa dopo una serata passata insieme. Avevamo discorso di cose molto generali e senza entrare in delicati dettagli, come succede tra amiche che si conoscono da decenni. 

Davanti avevamo due pizze Margherita e due Coca Cola, la bevanda che amo più di tutte. Entrambe siamo astemie. Ci concediamo solo in eventi eccezionali qualche goccio di prosecco ogni morte di papa.   

Insomma, Romina allungò un poco il percorso per portarmi a casa. Non saprò mai se lo fece apposta o era solo un pretesto per stare un poco più con me. 

Verso la fine di un viale alberato tutto buio, che io scansavo come la peste perché mi faceva paura, Romina vide il semaforo diventare prima arancione e poi subito dopo rosso. Si fermò almeno due metri prima della linea bianca. Io colsi l’occasione per accendermi una sigaretta, la seconda della giornata. 

Abbassai il finestrino e mi venne di guardare oltre. Non so perché lo feci. Spesso mi capita, quando fumo, di guardarmi intorno. Mi scoccia fumare da sola. Romina non fuma. Non credevo ai miei occhi. Vidi la mia compagna lì, sotto un platano frondoso. Da sola, vestita come, se mi passate il termine, una prostituta. Allungo il discorso per sbollire la rabbia.

Io quando fumo spero sempre che qualcuno mi guardi, anche solo per condividere un momento di intimità, nota soltanto a chi fuma. Almeno io credo così. Anche solo per scambiare due chiacchiere con qualcuno, sul tempo o sul pallone. 

Non parlo quasi mai di politica. A volte però lo faccio col mio merlo indiano, che ho chiamato Michele, che dice sempre tutto quello che io voglio che dica. Avrà quasi dieci anni e mi dispiacerà parecchio quando dovrò metterlo sotto terra. Poveraccio. Per me sarà come avermi strappato la lingua o le dita.

Io, ancor prima che nascessi, tifo Inter e per me non esiste un’altra squadra come l’Inter. 

Poi magari non mi intendo di pallone, però se devo mettere mille euro su una squadra state pur certi che li metto sull’Inter.

Ma torno subito al platano frondoso.       

La mia compagna, che a novembre sarebbe diventata mia moglie, era lì, vestita in modo indecente. Chi aspettava? Quanto avrebbe chiesto? Perché pensai subito che fosse lì per concedersi al primo che avesse avuto voglia forse più di lei. 

Le avevo detto che sarei uscita con Romina ed io che pensavo volesse finire Furore di Steinbeck in tutta tranquillità. Le mancava solo il capitolo finale.

Ma vederla lì, e poi a quell’ora tarda della notte, mi fece partire il cervello in quarta. 

Se ne stava appoggiata ad un conchino, credo di gerani, con quella microgonna nera e collant che forse saranno stati 20 denari. Completava il tutto un paio di orribili stivali pure essi neri. Mai viste quei collant e quegli stivali in casa nostra. 

Rimasi scioccata e non dissi una parola, mentre Romina fissava come un gufo il semaforo, aspettando che scattasse il verde.

Romina, che per tutto il tempo non fiatò, mi portò sotto casa e mi abbracciò forte prima che io scendessi e credo che non vide che avevo gli occhi lucidi e che mi tremavano le labbra, ma fui forte e la ringraziai ed uscii dalla macchina e passai tutto il resto della notte a piangere, ascoltando ogni tanto il rumore delle macchine che sfrecciavano a tutta velocità vicino casa.