Oggi vi parlo del ragionier Carmelo. È una bravissima persona di anni 43, pochi capelli, stimato funzionario di banca, scapolo; sarebbe un buon partito, signorine, ma è fidanzato. Lamenta che la notte dorme poco, soltanto qualche ora, e poi si sveglia di soprassalto come in preda a un incubo, e dopo non riesce più a riprendere il sonno. Pensa alle donne? No, per nessuna ragione al mondo tradirebbe la sua Clotilde, neanche col pensiero. Il problema è un altro, e bisogna dire che col lavoro che svolge non può andare avanti così. Ora vi spiego tutto. Un pomeriggio, appena finito l’orario d’ufficio, decise di andare dal dottore. Dottore, gli disse, io russo. Il dottore lo rassicurò dicendogli che non era il solo, si trattava di un disturbo comune a molte persone, e lo invitò a raccontargli tutto: qual è l’intensità del rumore, o, se preferisce, del suono, se lo sentono anche nelle altre stanze di casa, a che ora comincia a russare, quando smette, eccetera, eccetera. Il dottore era molto scrupoloso e giustamente voleva essere informato in merito al disturbo lamentato dal paziente. Il quale però non fu molto preciso nella sua risposta, anzi non fu una risposta, la sua, ma una domanda: Come faccio a risponderle, dottore? E perché?, domandò a sua volta il dottore, qualcuno glielo avrà pur detto che russa e quando e quanto. Il ragionier Carmelo rispose di no. E allora, replicò il dottore, come fa a dire che russa, se nessuno glielo ha mai detto? Lo dico io, affermò il paziente, perché la notte è il mio russamento che mi sveglia. Il dottore scosse la testa. Non è possibile, non sarà mica che il ragioniere si sveglia perché russa qualcun altro, magari sua moglie? No, il ragioniere non ha moglie. Forse un suo familiare. No, il ragioniere vive da solo. Allora è un suo vicino di casa, un condomino. Nei condomini che fanno oggi le pareti sono così sottili che si sente tutto quello che dicono dall’altra parte. Il ragioniere ammise che abitava in un condominio, e ammise anche che qualche volta, pur senza volerlo, sentiva le voci che provenivano di là dalla parete, sentiva anche i sospiri, mai però che abbia sentito che qualcuno russava e nemmeno i vicini hanno mai sentito lui, perché in caso contrario avrebbero subito reclamato, educatamente, sì, ma avrebbero reclamato. Tanto il cavaliere Ignazio quanto sua moglie, la signora Veronica (i vicini, appunto), sono persone che meglio non si trovano, ma gli dà noia perfino il ronzio d’una mosca (e pensate che il cavaliere e la signora sono un po’ sordi), figuriamoci se qualcuno russa nella stanza a parete. Bene, disse il dottore, bisogna che ci studi su, e gli spiegò che il suo, del ragioniere, era un caso speciale, e sentite per quale ragione. Carmelo afferma che russa, e aggiunge che il russamento lo sente lui stesso, coi suoi orecchi, non ha testimoni, nessuno ha mai sentito che lui russa, né i vicini di casa né sua moglie, perché è scapolo, né qualcuno di famiglia, perché vive da solo. Bene. Il ragioniere gli ha detto due sole parole, ma precise e decise: io russo. Allora, poiché dice che russa significa che se la dorme saporitamente e se dorme saporitamente non può sentire che russa, perché, se lo sentisse, non dormirebbe, ossia sarebbe sveglio, e chi è sveglio non dorme e chi non dorme non russa. Caspita, che scienza! Il dottore non avrebbe potuto fare un ragionamento più logico e scientifico di questo, e il ragioniere, che di solito ragiona, dovette ammetterlo: Caspita, che scienza! Quanto aveva sentito non faceva una grinza e si domandò perché mai s’era ficcato in testa che russava. Lasciò lo studio del dottore e fischiettava come un cardellino. Si dia un contegno, per favore. Ma quale contegno! Lo sapete perché fischiettava? Perché finalmente si poteva sposare. Ma che c’entra il matrimonio col russamento? Devo dire che il ragionier Carmelo era una persona tutta d’un pezzo, precisa, meticolosa e rispettosa del prossimo, figuratevi se non lo era nei confronti della futura moglie. Vanno a letto, lui comincia a russare e la moglie lì accanto tutta la notte a sentire il concerto. Te lo immagini che piacere?

Le cose però sono cambiate dopo il colloquio col dottore: ha detto che non russo, e allora mi sposo. Quella sera, come al solito, suonò il campanello dell’appartamento dove abitava la fidanzata. Veramente, però, non era la solita suonata, non saprei dire com’era, ma, credete, non era la solita. Lei se lo immaginò che c’era qualcosa nell’aria, e infatti il ragioniere le disse di botto: Sai che ti dico, Clotilde?: che sarebbe l’ora di sposarci. Anche a me, che non c’entro nulla e sono qui unicamente per raccontare questa storia, anche a me, dicevo, sembrerebbe l’ora, e ve lo spiego. Sono fidanzati da più di dodici anni, lei ne ha 40 e lui, s’è già detto, 43, e bisognava sbrigarsi se volevano incrementare la famiglia. Ma fino ad allora l’argomento matrimonio l’avevano accantonato. Perché è un passo troppo importante? Perché bisogna affrontare un sacco di spese? Perché c’era da trovare casa, e oggi con gli affitti che corrono sono dolori? Ma no! Che sia un passo importante siamo d’accordo, ma in due fanno 83 anni, sono grandicelli, mi sembra. Spese? Ma via, allo stipendio del ragioniere aggiungiamoci quello della signorina, che era maestra, e se si tira la somma viene fuori un bel mensile. E per quanto riguarda la casa bisogna dire che era pronta, era lì che aspettava i piccioncini, perché lei l’aveva ereditata dalla sua zia Agnese: era un appartamento al quinto piano di un condominio, oltretutto libero da cose e persone, e quindi anche il nido era pronto. Allora che aspettate, ragazzi?

L’argomento matrimonio non era stato mai affrontato, e il motivo ora si sa: perché il ragioniere russava, o era convinto di russare e non voleva sciupare le notti della sua sposa. La sera stavano insieme e poi buonanotte, e ognuno se ne tornava a casa sua, e così se lui russava lei non lo sentiva. Per il ragionier Carmelo il russamento era un assillo, un tormento, un supplizio, una tortura. Voi capite: si sposa, lui russa e la moglie, poverina, si mette due batuffoli di cotone negli orecchi, oppure si alza e comincia a passeggiare per la casa. O fa la valigia e torna dalla mamma? Vorrei vedere che la moglie del ragionier Carmelo gli facesse questo affronto!

Ora però le cose erano cambiate. Il ragioniere russa? E chi l’ha detto? È lui che lo dice, non c’è neanche uno straccio di testimone. Come fa uno che dorme a sentire che russa? L’ha detto chiaro e tondo quel luminare di dottore. Allora, amata Clotilde, ci si sposa. Si fa una cosina semplice, senza tanti fronzoli, niente strascico né auto d’epoca; i genitori, il nonno, il tuo direttore senza signora perché è vedovo, il mio capoufficio con la signora, perché purtroppo (lo dice lui) non è vedovo, la tua collega Rosa e il mio, Ippolito, che fanno da testimoni. Che ne dici, Clotilde? Che volete che dica? Tuttavia, siccome il ragioniere è tutto d’un pezzo e rispettoso del prossimo, vuole essere più che corretto: il dottore ha detto che non russo, e va bene, ma il dubbio mi resta e ritengo doveroso che lo sappia la mia ormai prossima moglie: Cara, le disse, forse io russo. Tirò un sospirone lungo un’eternità: ce l’aveva fatta a confessare finalmente la colpa che lo assillava da dodici anni e passa. E ora la Clotilde lo pianta in asso e gira i tacchi? Stia tranquillo, ragioniere, la Clotilde non farebbe mai questi sgarbi, tanto più che anche lei ha qualcosa da rivelare, e questo è il momento giusto: Sincerità per sincerità, gli disse, anch’io russo, caro, e senza forse!

Auguri agli sposi, i quali so che sono andati ad abitare nell’appartamento di lei, quello al quinto piano, che aveva ereditato dalla zia Agnese, e lì vivono felici e contenti. So anche che le famiglie vicine, quelle che abitano a fianco, al piano di sotto e al piano di sopra, se ne vogliono andare. Il motivo non lo so, ma è certo che intendono lasciare liberi i loro alloggi. Se qualcuno cerca casa, ne approfitti.