Esattamente 30 anni fa, era il 9 giugno 1990, l’Italia di Azeglio Vicini debuttò nel Mondiale di casa contro l’Austria. A decidere il match fu l’attaccante palermitano Totò Schillaci che da quel momento incantò ognuna delle Notti Magiche di Gianna Nannini e Edoardo Bennato.

Carlo Pellegrini lo ha intervistato in esclusiva per il Cittadino.

Cosa ha reso fantastiche le sue prestazioni nel Campionato del Mondo Italia 90?
R. Indossare la maglia azzurra e disputare un Campionato del Mondo non è da tutti. La presenza ai Mondiali del 1990, trent’anni fa, è ancora davanti ai miei occhi come a quelli di tante, tante persone che continuano ad avere affetto nei miei riguardi, forse per come mi sono espresso calcisticamente sia in campo che fuori.

 

Cosa aveva in più quella Nazionale di Italia ‘90?
R. Era un gruppo di calciatori che proveniva dall’Under 21, che Azeglio Vicini, dopo il secondo posto della stessa ai Campionati Europei del 1986, utilizzò con qualche inserimento. Un gruppo straordinario, che, non solo dal mio punto di vista ma anche di altri, era una formazione considerata la migliore di tutti i tempi.
Nel calcio degli anni ’90-’91 c’erano grandi giocatori, molta classe, molta tecnica e tanti campioni. Alla fine disputammo un grande Mondiale, non riuscimmo a vincere la coppa del mondo, ma fummo egualmente una grande squadra. Il calcio è bello e a volte ti sorprende con certi episodi. Giunsi a quel Mondiale in punta di piedi e ne uscii da protagonista. Tra i ventidue calciatori convocati ero l’unico sconosciuto, gli altri erano tutti famosi.

Quali dei suoi 6 goal fu il più memorabile?
R. Il goal che porto nel cuore e bello da rivedere credo sia quello contro l’Uruguay. Fu un goal di istinto mi giunse la palla e di sinistro, che tra l’altro non era nemmeno il mio piede, la colpii talmente forte che ebbe una traiettoria strana e feci goal.

Per quale ragione non ha battuto il calcio di rigore ai tempi supplementari di Italia-Argentina?
R. Stavo male. Ero giunto ai tempi supplementari con crampi e non riuscivo a calciare e, quindi, ho preferito che lo battessero gli altri.

 

Quali rimpianti ha di quel Mondiale? E dove l’Italia lo ha veramente perso?
R. Non ci sono rimpianti. C’è solo il rammarico di non aver potuto vincere il Mondiale. Però vincemmo tutte le partite, fummo una squadra unita, ben disposta in campo, in difesa e a centrocampo eravamo fortissimi, eravamo una squadra completa.
Le partite si perdono anche per qualche episodio. Se Zenga non fosse uscito a vuoto quel goal di Caniggia chissà… . Potevamo fare anche un altro goal. Non possiamo colpevolizzare nessuno: per esempio, Walter Zenga è stato il miglior portiere del mondo. Fu un episodio che ci escluse dal giocare la finale. Però un pochino di tristezza ci sarà sempre perché in definitiva vincemmo tutte le partite… .

 

Quale rapporto aveva con il commissario tecnico Azeglio Vicini?
R. Bello, bello, bello. Il mister era l’uomo della Nazionale, ascoltava tutti, parlava molto con noi giocatori, era un allenatore con idee semplici.
Io lo ringrazierò sempre per avermi portato in Nazionale e per avermi fatto esordire. E’ stato un allenatore importante per la Nazionale.

Quali emozioni, ancora oggi, si porta dietro di quel mondiale?
R. Tutt’oggi vado in giro per lavoro, anche all’estero, come testimonial di tanti eventi grazie anche ai Mondiali di Italia ’90. Se non avessi disputato quel Mondiale uscendone da protagonista non saremmo qui a parlarne a distanza di 30 anni. La gioventù di oggi non ricorda più i vecchi giocatori, quelli che ricordano sono coloro che hanno lasciato un qualcosa come me, Paolo Rossi, Maradona.

I ricordi di quel Mondiale rimarranno sempre. Ho ancora tanto affetto dalle persone, in fin dei conti sono sempre disponibile alle interviste, alla comunicazione, al rapporto. Io sono uno come tutti e a distanza di 30 anni la gente continua a riconoscermi e ad apprezzare quello che ho fatto.