Il 29 gennaio scorso il Parlamento ha nuovamente rieletto con 759 voti Sergio Mattarella presidente della Repubblica italiana.
Vari sono stati i nomi dei papabili al Colle, che si sono succeduti in uno scenario piuttosto vivace e che via via è andato sempre più placandosi fino a convergere sulla rielezione.
Alla luce di questo evento, l’ on. Roberto Barzanti, più volte membro del Parlamento Europeo del quale è stato anche vicepresidente, ci ha rilasciato una sua intervista.

D. Onorevole Barzanti, secondo lei, quali sono state le ragioni che hanno indotto alla conferma del presidente Sergio Mattarella?
R. «La causa fondamentale che ha portato alla rielezione del presidente Mattarella è stata l’impotenza dei soggetti politici a ragionare in termini che consentissero di compiere una scelta non minata dalle considerazioni di obiettivi particolari, frammentati e autoreferenziali. Superare questo stato di cose si è reso difficile perché è venuto memo il modello di partito politico, variamente declinato, che ha caratterizzato una Costituzione, una Repubblica fondata sui partiti – penso alla definizione di Pietro Scoppola e a tanta letteratura in merito – sicché il coacervo di raggruppamenti senza dirigenti autorevoli, lobbies di interesse mascherate all’interno dei partiti stessi, movimenti quali i grillini, più il trasformismo dilagante che esalta il personalismo e i calcoli individuali, hanno impedito convergenze possibili e comportamenti adeguati all’effettiva natura del voto. Intendiamoci: non è la prima volta che il voto per il presidente si colora di un forte tinta determinata da logiche o mosse paragovernative: per Gronchi fu palese e così per Leone. Ma in quelle occasioni la dialettica politica era lo sfondo, si riferiva ad un quadro d’insieme prodotto da volontà esplicite. Oggi viviamo in una fase confusa di transizione che ha sfarinato i partiti e i gruppi parlamentari e quindi non può generare intese che, pur nelle differenti valutazioni, guardino oltre l’immediatezza pre-elettoralistica, cui ci si riferisce in permanenza».

D. A seguito della conferma di Mattarella, come saranno ridefiniti i rapporti di forza tra Mario Draghi e i gruppi parlamentari?
R. «In uno stato di tensioni permanenti, Mario Draghi tenterà di ottenere per il governo da lui guidato un consenso che senza annullarle stempero almeno le divaricazioni plateali di una maggioranza che non è certo tesa a ricercare punti o obiettivi convergenti . È difficile dire se ce la farà. Ma così non potrà andare avanti per molto. Pena l’impossibilità di cogliere occasioni irrinunciabili di grande rilevanza per l’Italia nel quadro di un’Unione europea volenterosa ma debole».

D. Per quale motivo il centro-destra, pur dichiarando di auspicare l’elezione di un soggetto super partes, ha proposto candidati di orientamento di centro-destra?
R. «Perché è un’alleanza finta di soggetti non dotti di una visione comune. Ciascuno cerca di attrarre acqua al suo mulino e non vedo chi sia in grado di esercitare un’egemonia persuasiva e rispettata . La commedia inscenata con l’ipocrita unanime appoggio alla candidatura di Berlusconi è una pagina indecorosa. È la dimostrazione dello sfarinamento di cui dicevo. Una politica seria non può che nascere da culture coerenti e da una condivisione dei caratteri generali di un sistema istituzionale . La Costituzione materiale non risponde da un pezzo al disegno della Costituzione scritta».

D. Per quali ragioni questa classe politica ha dimostrato una così evidente debolezza non riuscendo a trovare un accordo sul successore di Sergio Mattarella?
R. «Per le ragioni che ho detto in breve. Se un’esasperata personalizzazione prende il sopravvento su elaborazioni ponderate e finalità realistiche è irrefrenabile il trionfo dell’improvvisazione. Del tweet del momento. Di proposte che durano un attimo e sono rovesciate con disinvoltura sulla base di sondaggi o calcoli di rozzo potere. E i processi di globalizzazione in corso sono all’origine del terremoto. Il saggio di Edward Luce «Il tramonto del liberalismo occidentale» (2017) delinea un quadro di penetrante grande acutezza: «Le élite mondiali hanno contribuito a provocare ciò di cui avevano paura: un rivolta populista contro l’economia mondiale». E la politica è sovrastata dalla finanziarizzazione invasiva e lacerante, da quello che Luciano Gallino ha definito il “finanzcapitalismo”».

D. Ritiene che la conferma di Mattarella determini in futuro un suo rapporto ancora più stretto con Mario Draghi?
R. «Certo. Un sorta di presidenzialismo o semipresidenzialismo in salsa italica».

D. Quale augurio specifico rivolge al Presidente Mattarella?
R. «Che contribuisca a svelenire i contrasti e riesca ad adoperarsi per suggerire un’agenda non in preda ad una quotidiana campagna elettorale, nutrita da demagogiche furberie e rovinosi slogan a effetto. I referendum imminenti non aiuteranno».