Da poche ore si è concluso l’Eurovision Song Contest 2022 tenutosi al Pala Olimpico di Torino. Ad aggiudicarsi la vittoria è stata la Kalush Orchestra ucraina con la canzone “Stefania”.
Tanto si è detto e tanto si è scritto, forse troppo, su questa sessantaseiesima edizione, capace di registrare milioni di ascolti per l’attenzione destata in questo periodo poco felice che si vive.
L’Italia si è aggiudicata la sesta posizione con l’esecuzione dei cantanti Mahmood e Blanco.
Le nostre pagine accolgono l’intervista che gentilmente ci ha rilasciato Cristiano Minellono, noto autore di canzoni di successo, alcune delle quali vincitrici del Festival di Sanremo, considerato a pieno titolo tra i protagonisti della musica leggera italiana con la vendita di centinaia di milioni di dischi in tutto il mondo.

D. Minellono, come giudica questa edizione dell’Eurovision Song Contest 2022?
R. «Pessima, Carlo. A parte i contenuti, per cui gli artisti, i cantanti e le canzoni, anche a livello scenografico e di spettacolo e sotto l’aspetto specialmente tecnico, non abbiamo fatto una bella figura… Siamo stati surclassati da paesi del nord Europa che hanno una storia che è l’1% della nostra. Una brutta edizione che rivela una mancanza di umiltà: o le cose si fanno bene o non si fanno».

D. L’Eurofestival svoltosi in Italia nel 1991 e condotto da Toto Cutugno e Gigliola Cinquetti fu assai criticato, ma i suoi contenuti, rispetto all’Eurovision Song Contest di oggi, rivelavano più qualità artistiche. Non le sembra?
R. «Indubbiamente Carlo. Le qualità artistiche e i contenuti adesso sono clamorosamente scarsi. Siamo in un periodo di transizione tra il rap e il trap, ormai agonizzanti, e questa nuova tendenza che possiamo chiamare pop rock bob; con le estati pieni di rock eaton si sta rifacendo il verso agli anni Sessanta e Settanta, ma con una qualità veramente scadente. Chi conduce un festival dovrebbe presentare la canzone dicendo: Ed ecco a voi tizio che canta la canzone di tal dei tali e basta! Invece oggi lo fanno diventare uno spettacolo basato su altre cose che non sono le canzoni. Ma sia il Festival di Sanremo che l’Eurofestival sono manifestazioni canore, per cui, credo, bisognerebbe tornare proprio a quello. Non per ultimo, teniamo conto della presenza imbarazzante di Cristiano Malgioglio che urlava come una gallina e starnazzava, rovinando tutto anche nel raccontare le sue avventure con uomini portoghesi e norvegesi. Uno squallore terrificante».

D. Ritiene che oggi ci siano condizioni e potenzialità per ritornare al vero Eurofestival di un tempo con l’esecuzione di canzoni firmate da grandi cantautori come lei?
R. «Sicuramente, ma non a breve termine. Ci vorranno anni e anni perchè non ci sono più gli autori. Con l’avvento della rete e la chiusura praticamente di tutti i negozi di dischi, con le vendite dei supporti di tipo cd  – considerando che con diecimila cd venduti viene conferito il disco d’oro quando una volta per ottenerlo si diveva vendere un milione di dischi – gli autori non possono più sopravvivere con i guadagni che si fanno in rete. Oggi non ci sono gli autori perciò.
Quando io ho iniziato, alla fine degli anni Sessanta, c’erano autori come Vito Pallavicini, Luigi Albertelli, Alberto Testa, Giorgio Calabrese, Paolo Limiti, Giancarlo Bigazzi. Eravamo tanti grandi autori. E oggi? Adesso le canzoni sono firmate da nove, dieci autori: tizio, caio, ecc. ecc… per scrivere un pezzo che non vale niente. Non si può scrivere una canzone in cinque, sei autori. È allucinante. Carlo, ci vorrà tanto, tanto tempo».

D. Quali eventuali ricordi potrà lasciare nella storia questa edizione dell’Eurovisione?
R. «Lascerà un brutto ricordo. È stato un festival dei truccatori. Sono stati importanti i trucchi, gli abiti, le maschere, le trasformazioni, che poi non hanno stupito nessuno perchè sono brutte copie di quello che facevano le star rock pop negli anni Sessanta e Settanta. È stato uno spettacolo veramente triste e presentato da tre persone (Laura Pausini, Mika, Alessandro Cattelan), mentre ne bastavano due; in più l’intervento di Malgioglio, che ha destato solo tristezza».

D. Come commenta la vittoria ucraina con la Kalush Orchestra?
R.«È una vittoria politica non artistica».