Era l’11 luglio 1982, una domenica, quando la Nazionale di calcio guidata dal c.t. Enzo Bearzot si aggiudicò la vittoria del terzo Campionato del Mondo.
Dopo quarant’anni siamo ancora tanti milioni di italiani a ricordare quella memorabile partita contro la Germania Ovest, disputata allo stadio “Santiago Bernabeu” di Madrid e terminata 3 a 1 a favore degli azzurri con i goal di Paolo Rossi, Marco Tardelli e Alessandro Altobelli.
«Fu una grandissima Nazionale» dice Bruno Conti, luminoso protagonista di quel risultato storico, bandiera della Roma e del Calcio italiano.

D. Conti, cosa gli è rimasto nel cuore del Campionato del Mondo 1982?
R. «Nel cuore rimane quello che quel gruppo riuscì a fare fra le tante difficoltà iniziali, che ricordiamo, come quella del rapporto con la stampa per una gogna mediatica nei confronti di Bearzot a causa della convocazione di Paolo Rossi e non di Roberto Pruzzo, che era il capo cannoniere del campionato e della Roma. A distanza di quarant’anni, ne parliamo ancora come un Campionato del mondo stupendo, durante il quale battemmo quasi tutti. Non dimentichiamo i nazionali che facevano parte di quelle squadre: da Maradona a Rumenigge, da Zico a Socrates, ecc. Abbiamo incontrato veramente grandi campioni del Calcio».                                        

D. Secondo lei, quali furono gli episodi più decisivi?
R. «Non ti nascondo che dopo il primo turno siamo andati avanti con tre pareggi, non giocando bene, per cui un minimo di preoccupazione nei confronti dell’Argentina, la più quotata, c’era. Ma quella partita la disputammo molto bene e quel risultato penso sia stato il momento più deciso per andare avanti».

Quanto fu incisiva la figura del c.t. Enzo Bearzot?
R. «Il Campionato del mondo che abbiamo vinto va a merito di Bearzot, perchè, bene o male, ha creduto tanto in Paolo Rossi e lo ha voluto fortemente contro tutto e tutti in Spagna dopo l’episodio del calcio scommesse. Anche nei miei confronti dimostrò la sua caratura: non dimenticherò mai che al ritiro di Alassio mi ero presentato con una distorsione al ginocchio e, mentre mi affrettavo per riprendere al più presto, Bearzot si avvicinò e mi disse “Bruno recupera con calma perchè il posto è tuo e non te lo tocca nessuno”. Per me fu una liberazione e feci di tutto per ripagarlo in quel mondiale. Ma soprattutto Bearzort è stato l’artefice di una gestione ottimale del gruppo, anche di quelli che non giocarono parte di queste partite e che hanno giocato pochissimo o niente. Ma c’era un gruppo unito e coloro che non scendevano in campo ci incoraggiavano più degli altri».

D. Ritiene che l’Italia fosse stata la squadra più forte?
R. «Carlo, penso che l’abbiamo dimostrato sul campo. Si parlava di una Italia “catenacciara” e abbiamo fatto goal a tutte le grandi nazionali che hanno dimostrato in campo il grande gioco. Non dimentichiamo che quando abbiamo incontrato il Brasile, che era la squadra accreditata a vincere il mondiale e che addirittura aveva due risultati a suo favore per andare avanti, o il pareggio o la vittoria, noi lo abbiamo battuto per 3 a 2 andando sempre in vantaggio. È stata una grandissima Nazionale, non grande ma grandissima».

D. A suo avviso quale fu il giocatore più significativo dell’Italia?
R. «Penso che sia stato il gruppo, ma se devo fare un nome faccio quello di Giuseppe Bergomi, che ha esordito a 18 anni in un Mondiale non certo semplice. Al di là della squadra e del gruppo unito, dico Bergomi perchè era il più giovane».

D. Come visse l’attesa e il dopo partita della finale?
R. «L’abbiamo vissuta come la semifinale con la Polonia: col proposito di non snobbare nulla, di crederci, di essere concentrati. Visionammo le cassette – a quei tempi c’erano le video cassette e i dvd per farsi un’ idea precisa dell’avversario da affrontare. L’abbiamo vissuta con grande concentrazione e grande compattezza. Ci siamo preparati al meglio, senza dar niente per scontato. Al termine della finale ricordo che quando l’arbitro Coelho prese in mano il pallone e lo alzò in aria, la prima cosa che ho fatto – avevo i miei amici di Nettuno e mia moglie e sapevo in quale posto dello stadio erano – fu uno scatto, che neanche in partita avevo fatto, per andare ad arrampicarmi alla rete per abbracciarli tutti insieme. La prima emozione fu quella.

Come valuta le sue prestazioni in quello storico campionato? Ne ha nostalgia?
R. «Non ho nostalgia. Ma ne ho un ricordo bellissimo perchè ognuno ha fatto il suo e ci ha messo del suo per vincere il mondiale. Carlo, non ti nascondo che a fine mondiale quando ho letto che Pelé aveva detto che il miglior giocatore del Campionato era stato Bruno Conti ho toccato il cielo con un dito. Il giudizio di un fenomeno del calcio come Pelè mi gratificò tantissimo».