Agli inizi di agosto il Ministero dell’Istruzione, in collaborazione con quello della Salute, con l’ISS e con la Conferenza delle Regioni e delle Province, ha pubblicato le  indicazioni relative alle misure di sicurezza e prevenzione per il contagio da Covid-19 nelle scuole di ogni ordine e grado , che entreranno in vigore con la ripresa delle lezioni a metà settembre. Il titolo della circolare ha suscitato qualche ironia per la scelta delle parole, un misto di latino e inglese che pochi hanno apprezzato (Indicazioni strategiche ad interim per preparedness e readiness ai fini di mitigazione delle infezioni da SARS-CoV-2 in ambito scolastico). Anche i contenuti hanno generato critiche, perché ritenuti dai dirigenti scolastici e dai docenti che li hanno letti alquanto generici e nebulosi.

Ovviamente non si potrà andare a scuola in presenza di febbre o altri sintomi, o con il tampone positivo; per il resto, le raccomandazioni sono quelle a cui ormai siamo abituati, e che sono divenute ormai abitudini radicate, come prendere le chiavi dell’auto quando si esce o indossare le cinture di sicurezza alla guida: lavarsi frequentemente le mani, aprire spesso le finestre nelle aule per cambiare l’aria, stare distanziati negli spazi che lo permettono e usare precauzioni come mascherine e limitati contatti fisici nei luoghi di aggregazione. La  novità  è che si potrà frequentare la scuola in  presenza di sintomi respiratori lievi, come i banali raffreddori di stagione, indossando mascherine . Ne abbiamo ancora in grande quantità a scuola, avanzate dallo scorso anno, quindi spero che non ne arriveranno altre per evitare inutili sprechi.

Che dire?

Quel che emerge con chiarezza dall’analisi della circolare è che  rispetto agli anni scorsi molto viene  delegato alla responsabilità personale e al buonsenso ; e forse è meglio così, perché se è vero che il virus non sparirà, ma resterà in circolazione ancora a lungo nella forma di un’influenza stagionale, dovremo imparare a conviverci senza restrizioni drammatiche. In certi paesi asiatici del resto l’uso delle mascherine nei luoghi affollati era già frequente ben prima del Covid; noi  popolazioni mediterranee dovremo solo imparare a stringere meno mani e abbracciarsi di meno , ma sarà in fondo un sacrificio accettabile.
Tuttavia, un po’ di amarezza, in chi nella scuola ci lavora e ci passa la vita, c’è.

Dopo tre anni difficili grandi soluzioni non si sono viste:  nulla è stato fatto  per impedire la formazione delle cosiddette  classi pollaio, con 25-30 alunni  costretti a stare insieme in spazi ridotti: se prima c’era il problema dell’impossibilità di seguirli bene, a causa del loro numero, oggi c’è anche quello della sicurezza, perché le possibilità di contrarre la malattia aumentano quando si è tanti nello stesso ambiente. Quasi sicuramente non sarà dichiarato lo stato di emergenza, a meno di un peggioramento del numero dei contagi che nessuno si augura. Con queste premesse  è difficile che sia riconfermato l’organico Covid , ovvero il personale scolastico in aggiunta a quello ufficiale: prezioso, nei tre anni scorsi, perché ha consentito di lavorare con gruppi ridotti, di sanificare più efficacemente gli ambienti, di fare più turni nelle mense scolastiche, ecc.

Non mi risulta che in questi due mesi le scuole siano state dotate di sistemi di areazione o purificazione dell’aria:  si userà il solito sistema dell’apertura delle finestre a ogni cambio dell’ora , e pazienza se gli studenti dovranno tenersi il giaccone addosso nei mesi invernali. Pare che siano in arrivo i fondi del PNRR, che consentiranno di fare i necessari lavori di miglioramento alle strutture: ma intanto l’inizio dell’anno scolastico è alle porte, e grandi cambiamenti, al momento, non ci sono stati.

Quello che mi dispiace è che anche in queste settimane di forsennata  campagna elettorale , la più bislacca campagna elettorale della storia repubblicana, non abbia sncora sentito  nessuno parlare di scuola con cognizione di causa ; come se non interessasse, come se non fosse una risorsa su cui investire.  Qualcuno ha parlato di alzare gli stipendi dei docenti , ed è parsa la classica promessa da marinai, di cui ci si scorderà il giorno dopo i risultati, ma che intanto è buona per raccattare qualche manciata di voti.  Qualcun altro ha detto che bisogna iniziare a pagare i tirocin i, per avvicinare la scuola al mercato del lavoro, quando è proprio l’ingresso del lavoro nella scuola ad averne peggiorato la qualità!
Nessuno , però, che  abbia messo gli studenti e la scuola al centro dell’agenda , termine quanto mai di moda attualmente. E nessuno che si sogni mai di interpellare loro o i docenti, quando si fanno proposte o si formulano leggi. Col risultato che nella scuola ci si investe poco e male, salvo poi addossare a una generica ignoranza, che non si sa bene che radici abbia, tutti i mali del paese.

Stefania Berti