Lo Spedalingo, oggi si direbbe il Direttore Sanitario, redasse il Regolamento Provvisorio dello Spedale che, approvato dal Granduca, entrò in vigore il 1 febbraio 1779.

Vi si trovavano dieci articoli ognuno dei quali prendeva in esame le mansioni, definiti “oblighi”, delle figure professionali presenti. Era certamente la prima volta che si tentava di fornire una struttura organizzativa consolidata ad un’istituzione che fino a pochi anni prima viveva nel caos più totale essendo fino ad allora più un punto di accoglienza di viandanti e di indigenti che un luogo di assistenza e cura. I Lorena, che in quel periodo governavano il Granducato di Toscana, avevano infatti introdotto grandi riforme tra cui la riorganizzazione dell’amministrazione e la modernizzazione di settori delicati della società, tra cui sanità e viabilità.

Il Regolamento dello Spedale dei Santi Cosimo e Damiano forniva “oblighi” anche agli ammalati i quali al momento dell’accesso in ospedale, prima della presa in carico da parte dell’infermiere/a, avrebbero dovuto obbligatoriamente confessarsi, se affetti da patologia lieve, oppure ricevere subito l’estrema unzione, se affetti, invece, da grave malattia.

Compito dello Spedalingo, che poteva servirsi dei locali dello Spedale come alloggio privato, era vigilare che tutti rispettassero il suddetto Regolamento e che il Ragioniere registrasse accuratamente le entrate e le uscite su appositi Libri Manuali evitando che, alla fine dell’anno, vi fosse qualcuno che potesse avanzare debiti o crediti. Lo Spedalingo, inoltre, deteneva la Cassa dalla quale ogni mese ritirava 6 scudi come compenso per sé.

Il Ragioniere, oltre che tenere i libri di bilancio, avrebbe dovuto anche registrare ogni mattina, su un apposito libro, il numero degli ammessi, dei dimessi, dei morti, dei “permanenti” nello Spedale, dei malati tenuti a dieta completa oppure a mezzo vitto o a vitto intero. Lo Spedalingo avrebbe poi verificato mensilmente con il Dispensiere il numero totale dei vitti, volendo così controllare la validità delle registrazioni eseguite dal Ragioniere. Allo stesso modo lo Spedalingo avrebbe controllato il “ricettario” tenuto dell’Infermiere confrontandolo con quello dello Speziale (l’odierno Farmacista).

Il nuovo Spedale però non rispose alle aspettative a causa di una disponibilità di appena 50 letti. A tal proposito un erudito di quel tempo, Prospero Omero Baldasseroni, nel suo Istoria della città di Pescia e della Valdinievole del 1784, scriveva: «il pubblico antico Spedale trovavasi angusto, per lo che non si potevano ricevere tutti gl’infermi che con loro grave incomodo; un’aria sempre nuova, e tanto necessaria ai polmoni dei malati, non veniva che parcamente […] La riduzione di una Fabbrica per un oggetto totalmente diverso, non riuscì tanto felice, come se lo era ideato l’architetto, avendo a tutto pensato eccetto, che al comodo dei malati, per esser le corsie rimaste molto strette, e poco atte ad uso di Spedale».

 

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