Il Regolamento dello Spedale, redatto dallo Spedalingo, l’odierno Direttore Sanitario, approvato dal Granduca di Toscana ed entrato in vigore il 1 febbraio 1779, dettava “oblighi” anche per Infermieri maschi ed Infermiere femmine.

Questi dovevano sempre tenere pronti 24 letti, 12 nello “Spedale degli uomini” e 12 nello “Spedale delle donne”, per ricevere gli ammalati muniti di contrassegno del Medico o del Cerusico o anche senza tale contrassegno, come nei casi urgenti, per i quali si doveva però in seguito procurarselo.

I pazienti che non avevano tale requisito o che non erano della città di Pescia dovevano essere autorizzati dallo Spedalingo. Dopo aver accettato la prescrizione del medico, l’infermo si sdraiava nel “lettuccio”, aiutato dall’Infermiere: l’uomo ammalato veniva spogliato dall’Infermiere maschio e la donna dall’Infermiera femmina. Quindi il barbiere rasava i capelli e la barba agli uomini.

Uomini e donne avevano l’obbligo di vestirsi con berretto o cuffia e camicione. Gli infermieri annotavano sul Libro degli Spogli tutto ciò che era stato trovato indosso all’ammalato, compresi denari, argento o gioie; questi ultimi dovevano poi essere consegnati allo Spedalingo. Il Libro degli Spogli era poi controllato giornalmente dal Ragioniere.

Sopra il letto e nel giorno dell’ammissione, l’Infermiere poneva la Cartella con scritta la malattia, la cura medica o chirurgica, il numero del letto, il nome dell’Infermo/a. Se non era possibile dilazionare le cure l’Infermiere doveva subito avvisare il medico o il cerusico. Anche i Serventi avevano l’obbligo di vigilare sul malato riferendo l’accaduto ad ogni cambio turno. Ai malati veniva consegnata anche una sputacchiera.

Gli Infermieri garantivano che gli infermi stessero nel letto con la dovuta decenza; in particolare le Infermiere vigilavano che le donne tenessero sempre la cuffia e la camicia.

Gli oggetti forniti agli infermi dovevano poi essere restituiti e, in caso di mancanza, erano addebitati all’Infermiere. Gli Infermieri avvisavano gli infermi sugli orari di visita del medico e del cerusico e avevano poi l’obbligo di accompagnare “i Professori” ai letti per registrare le “ordinazioni di detti Professori” nello stampato posto sul letto e nel libro Ricettario; lo stesso dovevano fare poi con la dieta prescritta (vitto o mezzo vitto). Le “ordinazioni semplici” erano eseguite con quello che era disponibile nella Medicheria dello Spedale; altre “ordinazioni più complesse” richiedevano invece la perizia dello Speziale, l’odierno farmacista.

I salassi erano eseguiti immediatamente dal cerusico; anche l’Olio Santo, ordinato dal Medico o dal Cerusico, era subito somministrato dopo la valutazione del Curato.

Gli Infermieri dovevano aprire lo Spedale ogni mattina al suono della campanella della prima Messa del Duomo e dovevano chiuderlo ogni sera al cenno dell’Angelus. Lo Spedale non doveva mai essere aperto di notte.

Una volta aperto lo Spedale, l’Infermiere eseguiva le ordinazioni del medico e del cerusico e aveva l’obbligo di essere presente fino a che l’ammalato avesse assunto i medicinali.

Compito degli Infermieri era anche pensare ai pasti. Durante le ore dei pasti veniva impedito l’ingresso a chiunque tranne a persone di riguardo oppure a persona pia che, per carità, poteva aiutare il malato a mangiare; per questo erano disponibili i fini grembiali di colore bianco. L’Infermiere doveva poi controllare che il vitto fosse quello richiesto (dieta, mezzo vitto, vitto intero) e consegnava ogni sera la relazione al Dispensiere il quale la inoltrava al Ragioniere.

Dopo la cena l’Infermiere accompagnava il Curato alla visita dei malati; visita che era essere ripetuta anche prima della mezzanotte per somministrare l’Olio Santo a qualcuno in “pericolo” che il medico o il cerusico non avevano segnalato.

Dopo che il convalescente aveva fatto tre giorni di vitto intero era compito dell’Infermiere “licenziarlo dallo Spedale”; per la dimissione contava più il parere dello Spedalingo che quello del medico o del Cerusico.

I letti degli ammalati dimessi dovevano essere portati nei “Veroni” (grandi stanze aereate che ancora oggi si affacciano sul lungofiume) e messi “allo spurgo” (ventilati).

L’Infermiere doveva preparare i “Giulebbi” (sciroppi), i Decotti, i Distillati d’erbe, gli Unguenti e le altre medicine nella Medicheria dello Spedale e aveva poi il compito di medicare i “vescicanti” la sera e la mattina evitando al Cerusico di dover tornare.

All’Infermiere era vietato vendere o anche donare per carità le sostanze medicamentose sopra citate, pena la perdita dell’impiego. Non poteva nemmeno pernottare fuori dallo Spedale né lasciare la città di Pescia senza permesso dello Spedalingo.

La consorte e gli altri familiari dell’Infermiere potevano abitare nel quartiere assegnatogli all’interno dello Spedale.

Il salario dell’Infermiere veniva pagato in contanti.