Nella libreria Alma di Pescia, in piazza Mazzini (telef. 0572 490192), è possibile acquistare il nuovo libro di Marco Ricci. Il prezioso volume dal titolo “Camminare nella modernità: la Chiesa pesciatina da mons. Giulio Matteoli a mons. Donato Velluti Zati (1897-1908)”, edito da Vannini Borgo a Buggiano, al prezzo di € 20, consta di 412 pagine e lo qualifica una serie di immagini d’epoca.
L’autore, visibilmente soddisfatto di questa ulteriore opera storica, risponde alle nostre domande.

D. Dott. Ricci, quali sono le motivazioni che l’hanno indotta ad elaborare questo libro?
R. «Recenti pubblicazioni hanno illustrato gli episcopati della seconda metà dell’Ottocento: quello di mons. Giovanni Benini e, per alcuni profili, quello di mons. Giulio Matteoli, iniziando ad illuminare alcuni protagonisti del periodo. L’episcopato di mons. Velluti Zati non è stato fino ad ora, oggetto di nuovi studi. La tradizione storiografia locale dà credito all’accusa di eresia “modernista” e, in generale, ad un episcopato connotato negativamente per assenteismo. Ancora di recente, il calendario 2019 edito dalla «Pia Unione di Chiesanuova», contenente una biografia degli ordinari pesciatini (di autore anonimo ma ben edotto sulla materia e comunque pubblicazione avvallata autorevolmente), descrive l’episcopato di mons. Velluti Zati con accenni non positivi, anche se non riprende “accusa” di modernismo. Frequentando gli archivi per alcune ricerche riguardanti le vicende che determinarono l’emancipazione della mia famiglia, con una generazione di anticipo rispetto alla generalità della popolazione contadina della Valdinievole, ho potuto visionare casualmente alcuni documenti coevi riguardanti mons. Giulio Matteoli e mons. Donato Velluti Zati. Sul conto del primo ho avuto modo di approfondire le vicende della sua breve esperienza pesciatina; periodo che fu ricco di sue iniziative tese all’emancipazione dei contadini suscitando l’avversione dei proprietari terrieri che indussero alcuni “monelli” a prendere a sassate la sua carrozza mentre rientrava a Pescia. Su mons. Velluti Zati avevo note le “narrazioni” di eruditi locali che venivano tramandate: vescovo modernista e assenteista e per questo rimosso. Dai documenti coevi emergeva una ben diversa realtà.
Dall’incontro/scontro tra emergenze archivistiche e queste narrazioni che apparivano sempre più calunniose mi sorse una curiosità “poliziesca”». 

D. Quali significati si possono desumere dal titolo?
R. «Il titolo del volume intende immediatamente introdurre il lettore nel contesto culturale tra fine ‘800 ed inizio del secolo scorso, ovvero la presenza nella società di una pluralità di opzioni culturali, anche profondamente dissonanti Anche la Chiesa vive una situazione di forte disagio nell’ambito della sua autocomprensione. All’interno dei vertici ecclesiali si confrontano attivamente Intransigenti e Moderati. Non solo anche in campo teologico nuove metodologie stanno facendo capolino, intanto più come prassi pastorale che come elaborazione teoretica. Intendo riferirmi a contrapposte metodologie teologiche: deduttive o induttive. La metodologia induttiva è, nell’attualità, quella cara a papa Francesco, come quando invita i teologi ad andare nelle periferie esistenziali del mondo».

D. Questo suo libro cosa vuole evidenziare ai lettori?
R. «Molti sono i temi di questo libro. Su tutto emerge una riflessione, non esplicitamente palesata ma è il filo conduttore del racconto, sul significato e sulle manifestazioni della santità. Al contrario vengono evidenziati i profili di personalità con mentalità conformista che non esitano a calunniare “i santi” nel ritenuto supremo interesse di preservare l’autorità della Chiesa intesa come istituzione sociale. “Incredibilmente” quest’ultimi vengono premiati facendo “carriera” diversamente dalle personalità con prassi comportamentali con maggiore disponibilità a comprendere i tempi nel quale vivevano e ad accogliere il prossimo che rimangono confinate nelle diocesi di origine, se non esiliate ed umiliate (esempio eclatante è costituito dall’arcivescovo di Perugia mons. Dario Mattei-Gentili). Nemmeno la volontà del papa riuscirà a prevalere sul clericalismo curiale che si opporrà strenuamente, riuscendovi, all’ordinazione episcopale di mons. Francesco Lanzoni. Diversamente mons. Camillo Moreschini, il nefasto inquisitore di tante visite apostoliche, diverrà arcivescovo di Camerino».

D. Dal 14 ottobre scorso la diocesi di Pescia è stata abbinata a quella di Pistoia in persona episcopi. Nel lontano 1906 durante l’episcopato del vescovo Donato Velluti Zati si presentarono le condizioni di un eventuale abbinamento della diocesi pesciatina a quella di Lucca. Quali valutazioni esprime su queste due eventi singolari?
R. «Il 14 ottobre 2023, a seguito della rinunzia di mons. Roberto Filippini in adempimento ad un’esortazione canonica viene annunciato che mons. Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia, è anche il nuovo vescovo di Pescia, unendo così le due diocesi in persona episcopi. A distanza di poco più di un secolo si verifica ciò che era stato sventato grazie ad una intensa attività, anche irrituale, di mons. Velluti Zati, del Canonici della Cattedrale, dell’intero clero, delle associazioni cattoliche, della autorità civili, quali i Sindaci, molti dei quali erano espressione del mondo anticlericale.
In un mondo dove era diffusissimo l’analfabetismo la gente del popolo partecipava coralmente ai grandi eventi della società nella quale viveva. Diversamente da quanto sta accadendo nell’attualità. Allora si sollevò tutta la Valdinievole, nelle sue diverse articolazioni, clericali e civili, ora la decisione è stata accolta con la massima apatia e disinteresse.
Sembrerebbe degradata irreparabilmente il sentimento di sentirsi responsabili dell’evangelizzazione e quindi dell’organizzazione più consona a questo scopo. Ora sembrerebbe prevalere la delega al Vaticano di ogni responsabilità evangelizzatrice e clero e fedeli sono semplici esecutori di direttive pervenute da Roma. Tutto ciò con gravi ripercussioni sulla comprensione delle proprie responsabilità morali.
Inoltre, non appare condivisibile il disegno organizzativo ecclesiastico di accentramento territoriale allontanando i credenti dai luoghi e dalle persone ove si elaborano gli indirizzi e le priorità pastorali. Si pone la domanda se la sinodalità non nasconda un nuovo tentativo di accentramento curiale recuperando temi cari all’opzione teologica deduttiva (quindi avversi a papa Francesco).
Infine, tale scelta sembrerebbe sostenere che l’allocazione sul territorio dei centri decisionali e di erogazione dei servizi deve essere accentrata presso le città con maggior peso demografico e le periferie geografiche ed esistenziali debbano essere annullate o ridotte a “colonie” dei centri maggiori. Ciò sottintende un deflusso di risorse, anche finanziarie, a danno delle periferie. La diocesi di Pescia nacque per contenere la Riforma luterana che si stava opponendo con successo alla vendita delle indulgenze che era una modalità per drenare risorse finanziare dalle periferie per costruire i grandi edifici romani, ivi inclusa la Basilica di San Pietro!
Con questa operazione sembrerebbe che la Valdinievole, ricca di chiese antiche e bisognose di restauro, venga penalizzata nella ripartizione delle risorse finanziarie che saranno richieste e ripartite sulla sola decisione episcopale». 

D. Dagli anni dei vescovi Giulio Matteoli e Donato Velluti Zati ad oggi sono cambiate molte cose. A suo avviso, questi due vescovi particolarmente diversi l’uno dall’altro, come avrebbero affrontato e gestito l’unione della diocesi di Pescia con quella di Pistoia in persona episcopi?
R. «L’episcopato di mons. Matteoli è stato troppo breve per poter immaginare un suo eventuale comportamento ad una situazione delineata nella domanda. Diversamente mons. Donato Velluti Zati affrontò “di petto” e irritualmente l’evento dell’unione con la diocesi di Lucca, anche allora si intendeva realizzarla con la modalità manipolatoria “in persona episcopi”. Quindi lascio a mons. Donato la parola con la lettera che scrisse al Segretario di Stato cardinale Merry del Val, il 3 settembre 1906: Trovandomi alquanto turbato, sento il bisogno di calmare l’animo mio, scrivendo a V, Eminenza! Dopo che è stata conosciuta in Lucca, città vicina a Pescia , la nuova della mia rinunzia a questo Vescovado di Pescia che tosto hanno in Lucca cominciato a dire, e lo dicono e lo ripetono e lo affermano come cosa in Roma già stabilita; che la Diogesi di Pescia sarà unita a Lucca da principio; poscia soppressa e incorporata alla Lucchese! Siccome nell’accettazione alla mia rinunzia l’Ill.mo Cardinale Vannutelli scrisse esser volontà del S. Padre che io rimanessi a Pescia fino alla elezione del novello titolare; così con tale risposta autentica, certa, potei fare smentire la falsa notizia sopra il giornale cattolico di Pescia. Ma ciò non è bastato; che i Lucchesi discorrono sfacciatamente di questo, e la voce pubblica, credo a torto, ma pure lo dicono, attribuisce il progetto a S. E. Mons. Lorenzelli, Arciv. di Lucca; io non ci credo; ho troppa stima di quel Prelato, per crederlo capace di dare tali inconsulti consigli alla S. Sede! Sento dunque, in coscienza, il dovere di far nota alla S. Sede come la soppressione di questa Diogesi sarebbe un grosso errore; e come l‘unirla fosse anco ad tempus a Lucca un errore più grosso che mai! Fin dal 1300 Pescia fu tolta a Lucca, civilmente, dai Fiorentini, in una battaglia il dì di S. Dorotea; e tutti gli anni si festeggia a Pescia tale Santa patrona di città in memoria di esser stati liberati dal giogo Lucchese! Nel 1500, dal Papa Leone X Medici fu tutta la Val di Nievole e Pescia scorporata ecclesiasticamente da Lucca; ed eretta a Propositura nullius. Così Pescia visse fino a Benedetto XIII Orsini il quale la cambiò in Vescovado per preghiera del G. Duca di Toscana Gio. Gastone dei Medici. Questa diogesi è tutta di un sangue; prende tutta la Val di Nievole. Ma parrocchie e paesi e castelli storici importantissimi; popolazione che cresce a dismisura Le due stazioni dei Bagni: M.catini e Monsummano che vanno a farsi d’importanza mondiale. La Diogesi non è ricca; ma pure non manca di tutto ciò che si richiede p. un Vescovo. Il Vescovado è povero è vero, ma quando il S. Padre Pio X togliesse con ap. Facoltà l’obbligo di pagare molte cose pie, e di funzioni con tale dispensa si migliorerebbe molto la mensa Vescovile! Tra Pescia e la Val di Nievole e Lucca è accaduto come tra i Giudei e i Samaritani!  Alle volte hanno perfino sognato il desiderio di passare politicamente dalla Provincia di Lucca a quella di Firenze! Si aggiunga e voglio dire ancora questo: L’Unione di Pescia a Lucca porterebbe ancor a questa seconda un danno. Perché l’Arciv. di Lucca avrebbe a governare due popoli e segnatamente due cleri, di differentissime idee e abitudini, e non di facile governo tutti e due! Perché queste popolazioni, stando del Lucchese che del Pesciatino hanno molta fede, ma sono vivaci e litigiose molto; ci vuole p. governarle prudenza somma e pazienza infinita. Prego la bontà dell’E.V. voler porre sotto gli occhi di S. Santità queste mie riflessioni; e permettetemi il bacio d. S. Porpora e credermi sempre Suo Servo in G.C..
+ Donato Vescovo di Pescia”.
Non occorre aggiungere altro, a mio parere. Analoghe considerazioni al papa i Canonici le faranno anche per fugare ipotesi di unione con Pistoia.
Colgo l’occasione per proporre che sia intitolata una via o piazza di Pescia a mons. Donato Velluti Zati per il suo grande amore a questa città!».