La Nazionale di calcio vince il Campionato Europeo. Gli azzurri guidati dal ct Roberto Mancini sono riusciti a salire sul podio dopo ben cinquantatre anni dal giorno del primo trofeo storico.
Una vittoria sofferta fino all’ultimo respiro e determinata dai calci di rigori.
Di questa felice circostanza abbiamo parlato con un volto noto del calcio italiano, Giuseppe Incocciati, ex protagonista di squadre come Milan, Atalanta Napoli e Bologna e autore di numerosi goal leggendari.

D. Incocciati, si aspettava la vittoria della Nazionale di calcio italiana?
R.«Credevo che potesse fare delle cose importanti. Sinceramente non pensavo però che la nostra Nazionale potesse vincere il titolo, ma poi meritatamente c’è riuscita».

D. Cosa ha pensato quando la nostra Nazionale si è aggiudicata la vittoria al Campionato Europeo?
R.«È un orgoglio per tutta l’Italia, per tutti gli appassionati sportivi e non. È una vittoria che genera gioia e tocca il cuore perchè lo sport è capace di muovere anche questi sentimenti».

D. Cosa maggiormente l’ha colpita di questa quadra?
R.«La coesione del gruppo e l’ottima interpretazione del gioco, anche se abbiamo incontrato squadre più preparate di noi sotto l’aspetto tecnico, come la Spagna. Direi che il percorso di crescita della Nazionale è importante anche per affrontare il prossimo Campionato del Mondo».

D. Quanto ha prevalso la fortuna a favore dell’ Italia?
R. «La fortuna fa parte del gioco. Senza fortuna non si arriva da nessuna parte. La fortuna inoltre s’incontra su un binario quando si è bravi a percorrerlo mostrando dedizione, volontà di raggiungere obiettivi importanti, impegno costante e comprensione del fatto che nel calcio occorre lavorare tutti insieme».

D.Quale immagine di questo Campionato Europeo non potrà mai dimenticare?

R. «Una bella fotografia è stata quella del pianto di Roberto Mancini. Lo sport suscita anche questo tipo di emozioni e ti fa tornare bambino. Perché alla base di tutto c’è il grande attaccamento ai colori azzurri».

D. Leggendo tra le righe: A suo avviso, chi sono i veri vincitori e i veri sconfitti di questo Campionato Europeo?

R. «I veri vincitori siamo noi, iniziando dagli addetti ai lavori e soprattutto da coloro che hanno saputo scegliere le persone adatte; mi riferisco al presidente federale Gabriele Gravina, che è riuscito ad affidare i diversi compiti a gente di grande competenza e capace di riuscire ad ottenere un risultato positivo con la dovuta scelta degli uomini. La vera sconfitta è stata l’Inghilterra, che non ha saputo dimostrare di essere all’altezza della situazione. Hanno rosicchiato molto; non vincono da tanto e non hanno imparato a perdere. Finché non capiranno che la presunzione di pensare di essere i migliori è controproducente, perderanno tutte le competizioni».

D. Incocciati, lei appartiene alla schiera dei protagonisti del calcio italiano degli anni ’80 e ’90, vestendo le maglie di Milan, Ascoli, Atalanta, Empoli, Pisa, Napoli e Bologna. A quale di queste è ancora fortemente attaccato?

R. «Nella mia carriera non ho avuto mai nessun tipo di problematiche. Ho sempre svolto il mio mestiere nel massimo rispetto e non sono mai stato coinvolto in casi fuori dal lecito sportivo; mi ritengo una persona seria ed è per questo che sono stato e sono tutt’oggi amato da tutte le tifoserie delle squadre in cui ho giocato. Certamente il Milan mi ha cresciuto e mi ha dato la possibilità di diventare un calciatore. Sono andato via da casa che avevo appena quindici anni e sono cresciuto a Milano. Poi l’esperienza di Napoli insieme a Diego Armando Maradona, il calciatore più grande di tutti i tempi, certamente mi ha segnato. Il calore delle tifoserie di Pisa, Ascoli, Bologna, Bergamo, Empoli lo porto nel cuore e quindi non ho nessuna preferenza specifica».

D. La sua carriera è costellata da tanti goal memorabili. Quali ritiene più significativi?

R. «I goal sono tutti importanti per un calciatore. Certamente un goal suscita delle emozioni non solo a chi lo realizza ma anche nei tifosi. Spero di aver dato, attraverso i miei goal, quelle gioie che solo un pallone che gonfia la rete riesce a dare ai tifosi. Ne ho realizzati tanti e spero, ripeto, di aver regalato vere emozioni»

D. A quali dei suoi allenatori è più affezionato? E in veste di allenatore chi desidera più imitare?

R. «Ricordo tutti i miei allenatori, quelli che ci sono ancora e quelli che se ne sono andati. Il mio pensiero si rivolge a quelli che ci hanno lasciato, soprattutto a Gigi Radice che mi ha dato la possibilità di esordire in serie A. Poi Nils Liedholm, Emiliano Mondonico. Ho avuto la possibilità di lavorare con persone di grande calibro come Fabio Capello, Albertino Bigon, Gaetano Salvemini, Nedo Sonetti. Devo ammettere che ho avuto ottimi allenatori e grandi uomini.

Nello sport non si imita. Si apprende strada facendo e attraverso anche un percorso di studio, perchè per diventare allenatore occorre studiare tanto. Le esperienze accumulate negli anni da un calciatore arricchiscono, ma non sono sufficienti se non si aggiungono ad una preparazione didattica importante che solo la Scuola di Coverciano può fornire. Io sono un allenatore di prima categoria e potrei allenare anche la Nazionale italiana e sono giunto a questo traguardo con un percorso intenso di studio e di preparazione molto profonda. Non mi sento di dire di non imitare nessuno, ma di seguire la mia strada e di dare sempre qualcosa ai miei giocatori».

D. Come ricorda Diego Armando Maradona suo compagno di squadra nel Napoli?

R. «Lo ricordo come un gran bravo ragazzo, con un cuore d’oro».

D. Incocciati, come valuta il calcio di oggi?

R. «È un calcio molto più industrializzato sotto tutti gli aspetti, soprattutto in relazione agli aspetti economici. Al mio tempo avevamo un calcio più artigiano. Quando un prodotto è industrializzato si rischia di offrire tutti un po’ la stessa cosa. Invece, nell’artigianato ci sono sempre dei maestri che fanno la differenza. Oggi il calcio è così ed è divertente soprattutto per chi lo sta vivendo. Per noi che abbiamo vissuto un altro calcio un po’ di nostalgia c’è. Certo i grandi personaggi che appartengono alla storia del calcio italiano risalgono soprattutto agli anni ’80 e ’90. Oggi abbiamo dei giocatori bravi, ma non come quelli di qualche anno fa. Ai miei tempi per giocare ai grandi livelli dovevamo essere bravi veramente. Spero che lo sia così anche adesso…».